Al di là di ogni ragionevole dubbio

Quando ero bambina mio padre mi aveva spiegato che in uno stato decente tutta la magistratura, inclusi addirittura i pubblici ministeri, deve stare sempre dalla parte dell’imputato. Il punto fondamentale era quello che si può condannare qualcuno solo quando la sua colpevolezza è clamorosa, al di là di ogni ragionevole dubbio. In quel periodo esisteva ancora la assoluzione per mancanza di prove. Mio padre mi spiegava che era assolutamente sbagliato. Se le prove non sono sufficienti allora ci deve esserci l’ assoluzione, un’ assoluzione piena. L’ assoluzione per mancanza di prove è stata abolita, ed è stato un disastro: moltissimi magistrati hanno sostituito la assoluzione per mancanza di prove non con la assoluzione piena, ma con la condanna. Periodicamente succede che dopo decenni passati prigione, dopo una vita distrutta, si scopra l’innocenza di qualcuno. Evidentemente la sua condanna non raggiungeva lo standard di cui all’articolo 533 comma 1 del Codice di Procedura Penale : “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Il dubbio è un concetto oggettivo, non soggettivo. Molti magistrati ritengono che se nella loro mente non c’è nessun dubbio, si sia configurato il caso descritto nell’articolo 533 comma 1 del Codice di Procedura Penale: al di là di ogni ragionevole dubbio. Ripeto: il dubbio è un concetto oggettivo, non soggettivo. Nel momento in cui dubbi ne aveva qualcun altro, per esempio un altro magistrato che allo stesso caso ha dato un’ assoluzione, o anche giornalisti e criminologi che stanno ponendo tesi contrarie intelligenti, quando non c’è una prova certa, quando i moventi sono impalpabili, allora il dubbio è oggettivo. I casi di Garlasco, Avitrana, Yara Gambiraso e Olindo e Rosa grondano un tale numero di dubbi che sono addirittura stati scritti convincenti libri sull’innocenza delle persone da anni in prigione. Meglio dieci colpevoli nelle strade che un solo innocente in prigione, sosteneva mio padre tanto più che le prigioni italiane sono orrende. Un solo giorno nelle orrende prigioni italiane rese ulteriormente orride dal sovrappopolamento, giustificherebbe un disturbo post traumatico da stress. Ci sono persone la cui colpevolezza non è stata dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio che hanno la vita distrutta, che sono in prigione da anni e sono proprio gli anni in cui avrebbero dovuto cominciare una vita lavorativa, sposarsi, anni che non si recuperano più. Mio padre quando mi spiegava i rudimenti del diritto insisteva moltissimo sul fatto che un magistrato deve essere assolutamente equanime, e non è facile essere equanimi quando sei politicizzato o quando sei assordato da processi mediatici che dovrebbero essere rigidamente vietati. Il cervello umano ha micidiali meccanismi di censura. Quando noi abbiamo delle convinzioni tendiamo a cancellare tutto quello che contrasta le nostre convinzioni e ad innamorarci di tutto quello che dà invece loro valore. In una nazione giusta i processi mediatici, le interviste ai criminologi, i presentatori in televisione che squittiscono su colpevoli e testimoni dovrebbero essere vietati, perché fanno troppo chiasso e all’interno del chiasso la mente umana può perdere oggettività. Occorre fare molta attenzione a non influenzare i testimoni, perché è possibile influenzarli. Come si spiega in qualsiasi corso di criminologia, la mente umana e la memoria sono influenzabili. Un interrogatorio malfatto può creare false memorie e alterare per sempre la narrazione vera. Un interrogatorio malfatto può spingere un testimone a dichiarare il falso che gli è stato suggerito. Fare domande sbagliate altera la mente delle persone, altera la loro memoria per sempre. E come inquinare la scena del crimine. Un interrogatorio malfatto, molto aggressivo e violento soprattutto contro persone miti e terrorizzate, può spingere innocenti a confessare il falso e cioè di essere colpevoli. Nel momento in cui colui che conduce l’interrogatorio nomina qualcuno, per esempio Olindo, l’immagine di Olindo si forma nella mente del testimone. Una mente molto spaventata, sia per gli eventi precedenti, sia per lo stress dell’interrogatorio, può non distinguere più tra l’immagine reale quella suggerita. Si è creata una falsa memoria. Per quanto riguarda il caso di Garlasco il giovane imputato Alberto Stasi è ritenuto colpevole di alcuni magistrati e innocente da altri già questa discrepanza dovrebbe testimoniare per la sua non colpevolezza, per una colpevolezza non dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio. Per quanto riguarda il caso di Avetrana consiglio a tutti di leggere l’interessante libro: Il delitto di Avetrana, perché Sabrina Misseri e Cosima Serrano sono innocenti di Rino Casazza. La gelosia per una affetto non dimostrato e forse insidiato dalla giovane Sara è un movente molto labile per la cugina Sabina, non può essere considerato un movente decente per la zia Cosima, la quale, secondo logica, avrebbe fermato la figlia, la avrebbe tranquillizzata e tutto si sarebbe risolto con due ceffoni, al massimo. Che due donne si coalizzino per strangolare la rispettiva nipote e cugina per la gelosia di una delle due per un ragazzo che non era nemmeno suo fidanzato è una tesi molto fragile. Uno strangolamento è un delitto che impiega tempi molti lunghi, interi minuti, fino a dieci, necessita di un grande quantitativo di odio e decisione. Sabrina Misseri non potevano avere la forza fisica per strangolare una persona, che si divincola. Avrebbe potuto farlo solo con l’aiuto della madre, ma una madre le direbbe di fermarsi, non le dà una mano mentre diventa un’assassina uccidendo la cuginetta, la figlia della sorella della madre, e soprattutto non potevano avere la freddezza per farlo nel giro di pochi minuti. Il movente sessuale di Michele Misseri è invece un movente forte, la sua prima confessione ha una notevole logica. Sabrina e sua madre avrebbero potuto uccidere Sara Scazzi solo nelle primissime ore del pomeriggio perché dopo sia la cugina che la zia sono sempre state in presenza di altre persone, o al cellulare, cercando appunto Sara. La prova definitiva dell’innocenza della cugina e della zia è il fatto che il cadavere ritrovato una cisterna, attribuito a Sara Scazzi, ha lo stomaco vuoto. La ragazzina aveva mangiato una cotoletta a pranzo con sua madre. Una cotoletta necessita di almeno sei ore per essere digerita. Sara Scazzi non può essere stata uccisa prima di ore sette di sera visto che ha lo stomaco vuoto. Sua cugina e sua zia avrebbero potuto ucciderla solamente nelle primissime ore del pomeriggio. Altro terrificante libro è Olindo e Rosa, il più atroce errore giudiziario nella storia della Repubblica, di Felice Manti e Edoardo Montolli. Su questo titolo non posso essere d’accordo: gli errori giudiziari atroci nella storia della Repubblica sono talmente tanti che è difficile dire quale sia il peggiore. Viene massacrata Raffaella Castagna, sua madre e suo figlio, un bambino di due anni, sono massacrati con contundenti e coltelli, da qualcuno che dà poi fuoco all’appartamento. Nell’appartamento c’è anche un sopravvissuto, Mario Frigerio, mentre sua moglie al piano di sopra stata uccisa. Si ritiene responsabili il marito di Raffaella Castagna, nordafricano con precedenti penali, libero grazie a un indulto, che in realtà al momento del massacro si trovava in Tunisia. Nella prefazione del libro il magistrato Cuno Tarfussel, magistrato, spiega come il crimine non possa che far pensare a una “spietata faida tra bande criminali” È un’azione da professionisti. Vengono incredibilmente incriminati due anziani coniugi vicini di casa, e il movente sarebbero liti condominiali. C’è un solo testimone che sopravvive. Il testimone parla di un assassino di origine nordafricana molto alto e lo ripete diverse volte. L’assassino inoltre deve essere una persona molto atletica. Vengono accusati gli anziani vicini di casa di nuovo con una impalpabile movente. Impalpabili anche le prove. Molte delle prove a favore degli imputati non erano state discusse nel processo, quindi gli estremi per un nuovo processo ci sarebbero. Il sito internet https://iostoconbossetti.it/perche-massimo-e-innocente/#top, riporta un’analisi dettagliata di tutte le prove dimostrando che anche qui siamo bel lontani dall’essere al di là di ogni ragionevole dubbio. Chiediamo al governo una legge che vieti la militanza politica dei magistrati e che vieti che un processo possa essere discusso fuori dalle aule giudiziarie. Se al generale Vannacci è stata contestata la pubblicazione di un libro con le sue idee politiche, perché la pubblica mancanza di neutralità è permessa ai magistrati?
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