Come scrive Charlott Dhavanne nel libro “Giù i veli”(Lindau), coloro parlano di libertà delle donne islamiche di portare il velo, sono quelli che con le loro buone intenzioni lastricano gli inferni altrui. Con una decisione gravissima, sicuramente cianciando di inclusione, tolleranza e altre baggianate che lastricano l’intero inferno, non solo la strada di accesso, insegnati italiani di Gorizia hanno permesso ad adolescenti coperte di teli neri che lasciano liberi solo gli occhi, di accedere alle lezioni. La motivazione sbagliata è che così non perdono la scuola. Si cede a un ricatto che è una clamorosa finestra di Overton. Se una cosa, una cosa qualsiasi, in un paese è imposta con la violenza, quella cosa diventa indegna in tutte le parti del mondo. C’è un terribile filmato di tre donne afgane, uccise con un colpo alla nuca ai bei tempi dei talebani prima maniera. Esiste il video di una lapidazione avvenuta in Afganistan. Per chi si mostrava senza burka c’era la lapidazione, per i talebani equivale all’adulterio. In Iran giovani donne non sono uscite vive dal carcere dopo essere state arrestate per non aver portato il velo o non averlo portato correttamente. Le ragazze di Gorizia coperte di teli neri sono tutte nipoti di nonne che non portavano il velo. Le paladine del velo squittiscono che “il velo è la mia identità, lo porto perché dopo una ricerca interiore non posso più farne a meno”, secondo un copione sempre uguale e sempre ugualmente idiota perché non vuol dire un fico, ma davanti alle parole identità e ricerca interiore chi avrà il coraggio di dire che sono pericolosissime, farneticanti idiozie? Noi. Il velo è osceno, riduce ogni donna ad una vagina, un organo sessuale, come ci spiega Azar Nafisi(Leggere Lolita a Theran), come ci spiega Charlott Djavanne (Giù i veli) come ci spiega Hirsi Alì (Non sottomessa). Ogni donna con il velo è una donna che ha rinunciato alla sua umanità per diventare un organo sessuale: gli organi sessuali sono giustamente pudenda, in latino, neutro plurale, parti di cui ci si vergogna e che vanno coperte. Chi ce lo spiega meglio di tutti è l’iman di Parigi, che afferma orgoglioso che “il velo è il preservativo dei Mussulmani”. Ha anche affermato: per ora l’islam è solo la seconda religione di Francia, ma quando sarà la prima il velo sarà abbligatorio anche qui, teoria sbandierata anche dai più modesti e locali iman e soprattutto da vari giovani cittadini europei di seconda o terza generazione. E come è stato possibile che la sinistra mondiale, per non parlare di quella italiana sia schierata con questo orrore, che abbia venduto il futuro, calpestato il passato? La sinistra ha già la colpa dell’alleanza con i mostri sovietico e cinese (e cubano, e coreano e cambogiano e etiope eccetera). Con il crollo dell’Unione Sovietica la sinistra si è trovata in braghe di tela e si è trovata non solo senza finanziamenti ma nel ruolo innegabile del deficiente che non ha mai capito niente. La sinistra è diventata il perdente radicale. Il partito comunista francese è il primo a mettere a fuoco che gli immigrati e gli omosessuali sono il nuovo proletariato. Quindi il nuovo nemico, siamo noi e la nostra storia. Chi fa spontaneamente una cosa che ad un altro è imposta, diventa un collaborazionista di quella violenza. Fino a quando ci sarà un solo paese dove è vietato ad una donna di mostrarsi con la testa scoperta, mi rifiuterò di considerare normale e libera una donna con la testa coperta. Chi ha scelto di portare il velo, ed è una scelta, non un’usanza, non una tradizione ereditata da madre o nonna, non un simbolo religioso, dà il suo appoggio a un arbitrio spaventoso. Chi ha scelto di portare il velo si schiera con l’Islam integralista che lapida le adultere, incluse le donne violentate, perché una donna violentata è comunque responsabile del proprio stupro, perché si è messa in condizioni di causare un’erezione, è colpa sua. E adesso: se è responsabilità della donna non causare un erezione, che cosa si evince? Che dove una donna porta il velo, chi non lo porta, quando viene violentata, se l’è andata a cercare. In Danimarca lo scrittore che ha scritto un libro per ragazzi sulla vita di Maometto, il libro da cui è cominciata tutta la storia delle vignette, ha denunciato come sua figlia sia stata aggredita dai ragazzi islamici nella scuola media, dove aveva portato una gonna secondo loro troppo corta. Comincia a succedere normalmente che ragazze sole sulle spiagge francesi e olandesi vengano aggredita da islamici perché portano il bikini. Pensate davvero che chi impone il burka alle proprie figlie, sia disposto a tollerare la libertà delle altre donne? Qui non si tratta solo di lastricare di buone intenzioni l’inferno altrui, ma il nostro inferno. Il velo sarà imposto a noi, come già è imposto alle donne occidentali che vanno in Iran o nei quartieri islamici. Ogni paese ha la sua usanza? Da noi è vietato nascondere la faccia. Ma la donna islamica dice che la sua religione le ordina di farlo, che è falso, perché altrimenti dovrebbero farlo tutte, è solo una prova di forza, ma non importa. quando ti mettono la parola religione, tutti fermi. In Inghilterra, patria del diritto e della Sharia, il burkini è già obbligatorio. Nelle ore in cui le piscine sono affittate da gruppi islamici, anche donne cristiane o non islamiche, per esempio le bagnine o le maestre di nuoto, devono portarlo. Gli occhi degli islamici maschi, gente che vive in Inghilterra da sempre e qualche nudità l’avrà già vista, non devono essere offesi da un normale costume da bagno, perché se poi hanno un’erezione, sarà scomodo non soddisfarla subito. Gli occhi pudichi dei musulmani che vivono in Inghilterra sono normalmente colpiti da donne svestire, quindi è evidente che la pretesa“ tutte le donne in burkini, inclusa la bagnina”, è una prova di forza. Esattamente come alle poliziotte, tutte, è stato dato il velo islamico d’ordinanza da mettere nei quartieri islamici per non offendere i “locali”. E la libertà della bagnina di non mettere il burkini? La libertà della poliziotta di trovare ripugnante il velo islamico d’ordinanza? E la libertà di tutte le donne iraniane che non desiderano portare il velo di non portarlo? Qui sotto le parole dell’autrice iraniana Charlotte Djavanne. Giù i veli, edizione Lindau. Ho portato dieci anni il velo. Era il velo o la morte. So di cosa parlo. … Da tredici a ventitré anni, sono stata repressa, condannata a essere una musulmana, una sottomessa e imprigionata sotto il nero del velo. Da tredici a ventitré anni. E non lascerò dire a nessuno che sono stati i più begli anni della mia vita. Coloro che sono nati nei paesi democratici non possono sapere a che punto i diritti che a loro sembrano del tutto naturali sono inimmaginabili per altri che vivono nelle teocrazie islamiche. … Ma che cos’è portare il velo, abitare un corpo velato? Cosa significa venire condannata a essere chiusa in un corpo velato perché femminile? Chi ha il diritto di parlarne?Avevo tredici anni quando la legge islamica si è imposta in Iran sotto la ferula di Khomeini rientrato dalla Francia con la benedizione di molti intellettuali francesi. Non solo il velo a scuola ma: il velo sempre. Bisogna essere ciechi, bisogna rifiutare di guardare la realtà in faccia, per non vedere che la questione del velo è un problema in sé, che precede qualsiasi dibattito sulla scuola e sulla laicità! Il velo non è per niente un semplice segno religioso, come la croce, che ragazze o ragazzi, possono portare al collo. Il velo, lo hijab, non è un semplice fazzoletto di seta sulla testa; esso deve nascondere interamente il corpo. Il velo, prima di tutto, abolisce la promiscuità nello spazio e materializza la separazione radicale e draconiana dello spazio femminile e dello spazio maschile. Il velo, lo hijab, è il più barbaro dogma islamico che si inscrive sul corpo femminile e se ne impossessa. … si accompagna a un messaggio di proselitismo destinato alle più giovani, a un messaggio esso stesso velato perché dissimula la sua vera natura sotto il velo delle parole “libertà”, “identità” o “cultura”. Imporre il velo a una minorenne è, in senso stretto, abusare di lei, disporre del suo corpo, definirlo come oggetto sessuale destinato agli uomini… Non è in nome della laicità che bisogna vietare il velo alle minorenni, a scuola o altrove, ma in nome dei diritti dell’uomo e in nome della protezione dei minori”.
Rivendico il dovere dell’intolleranza. Chi tollera tutto e il contrario di tutto è un vile e un complice, e anche uno sprovveduto che non si rende conto che sta ipotecando il nostro futuro, perché per la sua ingenuità prima o poi dovremo combattere anche noi per non mettere il velo islamico di ordinanza.