La violenza nella Bibbia e nel Corano
Mosè condanna l’adultera alla lapidazione più di tremila anni fa, Cristo grazia l’adultera, il Talmud spiega che la lapidazione meglio se è fatta con la disapprovazione, Maometto condanna l’adultera secoli e secoli dopo che era stata graziata. La frase “Tutte le religioni sono uguali”, è un ammasso di sillabe di assoluta idiozia. Claude Levy Strauss scrive che tutte le religioni devono essere rispettate (non sono uguali, non è la stessa cosa e non gli somiglia nemmeno), ma attenzione, solo se rispondono ai requisiti di essere nate in maniera corale e spontanea. La definizione non si applica all’islam, definito dallo stesso Levy Strauss l’antireligione. Lo scrive in Tristi Tropici. Periodicamente l’intellettuale di turno ci informa che anche la Bibbia è violenta, ed equipara la violenza della Bibbia a quella del Corano. Questo tentativo disperato di banalizzare la violenza che c’è nel Corano, probabilmente per rassicurarsi fa un’affermazione falsa: la violenza della Bibbia e del Corano non si equivalgono.
Il Corano è composto di Sure, capitoli, i quali sono stati ordinati successivamente in ordine di lunghezza, L’ordinamento delle Sure, quello che trovate se comprate un Corano, non è quello cronologico. L’ordine cronologico è molto importante: è specificato, come del resto nella Bibbia, che dove ci sia contrasto, gli ordini successive annullano le precedenti. La Bibbia comincia ben più di tremila anni fa, quindi con regole dure, occhio per occhio, eccetera, e poi diventa sempre più compassionevole. Gli ordini successivi, non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te, annullano i precedenti. La Bibbia inoltre è ispirata da Dio. Si accetta comunque che sia scritta da uomini. Per questo è commentata dal Talmud, che ha ingentilito molti passi. Il Corano non è dettato, il Corano corrisponde a Cristo, esiste prima di tutti i secoli e per mezzo di lui tutto è stato creato, come è stato stabilito nel XII secolo in Spagna.
Il Corano ha Sure più antiche, quelle meccali, scritte alla Mecca, che assonano la Bibbia e il Vangelo, parlano di compassione e dignità delle donne, e quelle di Medina, purtroppo le più tardive, sono talmente violente che il teologo sudanese Mohamed Taha le riteneva dettate dal demonio. Dato che nella stesura attuale le Sure sono in ordine di lunghezza, questo agli occidentali non è evidente. Mohamed Taha aveva proposto una riforma: considerare le Sure successive legate ai tempi e attuare solo le più antiche, le più misericordiose. Lo spiega nel suo libro: il secondo messaggio dell’Islam. È stato impiccato nel 1985. Nel Corano è specificato che ci sono vari modi per raggiungere il Paradiso, e che morire combattendo mentre si sterminano i nemici di Allah e quello che rende il fedele più vicino al cuore di Allah stesso. I musulmani morti curando gratis i lebbrosi, per esempio, sono meno santi di chi muore uccidendo per Allah. Il punto non è che alcuni musulmani sono terroristi ( ed altri non lo sono) il punto è che ideologicamente l’islam è una cultura di aggressione, a cominciare dalla disumanizzazione del nemico, che viene equiparato alla scimmia (ebrei) e al maiale (cristiani). Ci sono milioni di musulmani non violenti, certo, ma il punto è che un musulmano non violento, secondo il Corano, non è un buon musulmano, come giustamente ci informa Khomeini. La stragrande maggioranza dei musulmani sono persone che non vogliono uccidere nessuno: senz’altro, come la maggioranza dei tedeschi vissuti in Germania tra il 35 e il 45. Bill Warner, Direttore del Centro per lo studio dell’Islam politico, ha calcolato che le istigazioni alla violenza nei vangeli sono zero, nell’ insieme dei testi biblici sono 34 nella totalità dei testi islamici 328 . I nostri instancabili intellettuali, parola dall’etimologia sempre più impenetrabile, si precipitano a equiparare la violenza della Bibbia a quella del Corano. Dato che il Corano non è più violento della Bibbia, allora perché dovremmo preoccuparci dell’Islam? Riporto l’articolo di Bill Warner, le parentesi sono mie. Spesso nella Bibbia la violenza non è politica: Caino che uccide Abele, i fratelli che vendono Giuseppe. Nei testi islamici la violenza è politica, riguarda tutti noi. La violenza politica nel Corano si chiama “combattere nel nome di Allah” o “Jihad”. Non dobbiamo misurare la Jihad solo nel Corano. L’Islam ha tre testi sacri: il Corano, la Sira e i Hadith, ovvero la Trilogia islamica. La Sira è la biografia di Maometto, i Hadith sono le sue tradizioni – ciò che ha fatto e ciò che ha detto. La Sira e i Hadith costituiscono la Sunna, il modello perfetto del comportamento islamico. Il Corano è il più piccolo dei tre libri. Costituisce solo il 16% del testo totale della Trilogia . Questo significa che la Sunna costituisce l’altro 84% dei testi sacri dell’Islam. Questa semplice statistica ha vaste implicazioni. La maggior parte della dottrina islamica concerne Maometto, non Allah. Il Corano dice 91 diverse volte che Maometto è il perfetto modello di vita. E ‘molto più importante conoscere Maometto che non il Corano. ( Maometto non solo è un uomo dei suo tempo, ma è un uomo particolarmente feroce e violento anche per il suo tempo. In questa maniera si cristallizza un comportamento di più di un millennio fa e si impedisce qualsiasi evoluzione) La Jihad a sua volta, figura in larga misura in tutti e tre i testi. È molto significativo che la Sira dedichi 67% del suo testo alla Jihad. Negli ultimi nove anni della sua vita, Maometto ha conosciuto un episodio di violenza in media ogni sei settimane. E’ la Jihad che ha sancito il successo di Maometto. Fondamentalmente, quando Maometto predicava una religione, l’Islam cresceva al ritmo di 10 nuovi mussulmani all’anno. Ma quando cominciò la Jihad, (o ti converto o ti ammazzo. se combatti con me puoi avere una parte del bottino) l’Islam aumentò in media di diecimila nuovi adepti all’anno. Tutti i dettagli su come intraprendere la Jihad sono registrati nei minimi particolari. Il Corano offre una grande visione del Jihad – la conquista del mondo attraverso il processo politico. La Sira ne è il manuale di strategia e i Hadith quello della tattica. Ora, passiamo alla Bibbia ebraica. Se contiamo tutta la violenza politica ivi contenuta, ci accorgiamo che 5,6% del suo testo le è dedicato, mentre nel Nuovo Testamento non c’è esortazione alla violenza politica. Se contiamo la quantità di parole dedicate alla violenza politica, ne abbiamo 327 547 nella Trilogia e 34 039 nella Bibbia ebraica. La Trilogia conta 9,6 volte più espressioni di violenza politica rispetto alla Bibbia ebraica. Il vero problema va al di là della misura quantitativa (dieci volte più violenza); esiste anche la misura qualitativa. La violenza politica nel Corano è eterna e universale. La violenza politica nella Bibbia attiene a un particolare luogo e determinato momento storico. ( spieghiamo in parole povere. La Bibbia ad un certo punto dice di uccidere gli Assiri, bruciare le loro case e prendere le loro donne. La Bibbia è ispirata, non dettata. In tutti i casi noi non siamo Assiri. Nessuno è più un assiro. L’ordine non minaccia più nessuno da duemilacinquecento anni. Il Corano ordina di uccidere gli infedeli: tutti siamo gli infedeli. Uccidi gli infedeli ovunque si trovino. A chi si oppone ad Allah taglierai gambe e braccia da entrambi i lati. Chi si oppone ad Allah dovrai ucciderlo, crocifiggerlo, bruciarlo. E se tu non avrei voglia di fare questo, ricorda che questo è il volere di Allah. Queste frasi riguardano noi). Qui sta l’enorme differenza tra l’Islam e le altre ideologie. La violenza rimane una minaccia costante per tutte le culture non islamiche, ora e nel futuro. L’Islam non è analogo al cristianesimo, né al giudaismo, come sottolinea Levi Strauss. A parte la dottrina del Dio unico, l’Islam è unico e fine a se stesso. Si può misurare la differenza nell’espressione della violenza tra i testi giudeo-cristiani e quelli dell’islam, nell’uso che si fa della paura della violenza contro artisti, critici e intellettuali. Quale artista, critico o intellettuale prova un briciolo di paura se deve condannare qualunque cosa di cristiano o ebraico? Di contro, guardate gli esempi di minacce politiche violente e/o assassini contro Salman Rushdie, Theo van Gogh, Pim Fortune, Kurt Westergaard (il Danese delle vignette con Maometto), e molti altri. Quale artista, critico o intellettuale non sente un po’ di paura a proposito di Islam quando si tratta di libera espressione? La differenza politica tra le risposte alle due diverse dottrine è enorme. I frutti politici dei due alberi sono diversi come il giorno e la notte.
E’ ora che i cosiddetti intellettuali tornino all’essenziale, giudicando l’Islam in base alla sua dottrina reale, e non facendo analogie che non si reggono in piedi e che non sono altro che affermazioni gratuite che qualcun altro pagherà con ferro e col fuoco.