Santità umiliata
Non è il nero, che mi ricorda i Defunti, ma sono i colori dell’autunno, gli infiniti
gialli, rossi e verdi incupiti, che raccontano lo smorzarsi dei tepori estivi. Così come
accade ai viventi. Solo che, per loro, si tratta di una rinascita non ciclica, ma
definitiva, nell’Eternità.Mi piace pensare che la vita abbia ancora il sapore particolare
della sacralità, così come la morte, sorella misteriosa, giusta e dolce restituzione di un
dono divino.L’ annuale rinnovo della pietosa passeggiata tra le tombe, da parte di chi
è ancora vivo e porta fiori freschi, “moccoletti” e zolfanelli, suscita in me, con il
passare degli anni, emozioni sempre nuove e intense, più pacate, ma mai
accompagnate dalla tristezza. Quando l’incedere ritmico nel silenzio del camposanto
diventa la musica composta dalle foglie secche che scricchiolano sotto i miei passi, la
tristezza ha già lasciato il posto alla pace. Saluto i miei cari e qualche amico, durante
la passeggiata nei colori dell’autunno e medito su quel numero che cresce…sulla
probabilità, ormai quasi certezza, di far presto parte di loro. Li penso come me li
dipinge il ricordo, ma ne ho cancellato gli aspetti deboli dell’umanità trascorsa.
Intanto mi guardo attorno e ricostruisco esistenze sconosciute. Quante madri si sono
sentite morire difronte alla perdita tragica di un figlio! Lo raccontano scritte
strazianti, pupazzetti, cuoricini, oggetti posti accanto a ritratti impietosi che urlano la
gioia di vivere. Poi ci sono i morti ricchi, quelli, tanto per intenderci, stile “Sepolcri”
di foscoliana memoria: le tombe sono monumenti, spesso non più visitati se non da
gruppi di turisti mordiefuggi; a loro va un mio fiore, quello dell’oblio. I morti poveri,
invece, sono quelli abbandonati da subito, probabilmente per continuità esistenziale:
tracce di tumulo, poi più niente; a loro un mio fiore, quello della pietà,
accompagnato, come per gli altri, da una breve e improbabile preghiera. Gli amati e
gli sconosciuti sono nella Luce – beati loro – senza malanni, senza dolore, in qualche
posto meraviglioso. Un po’ come i Santi, la cui ricorrenza anticipa di un giorno
quella dei morti. Santi, beati, defunti…li immagino un po’ come imparentati fra loro,
tutti purificati dalla materialità, tutti vicini a Dio. Ma anche i Santi mi sembrano un
po’ discriminati…nel senso che ci sono quelli famosi e quelli più modesti, che
compaiono e scompaiono dal calendario; infine, ci sono gli sconosciuti. Però, forse,
qualcuno ha avuto il privilegio di averne incontrato uno; a questi rari Santi ignorati
dalla fama, ma che hanno fatto della loro poverissima vita un canto di gloria a Dio, va
la doverosa preghiera e la gratitudine di chi ne è stato oggetto di amore e di
educazione. Rimugino tra queste cose In mezzo alla folla del cimitero di Staglieno,
accompagnata dallo scalpiccìo disordinato che non suscita tristezza. Divento, invece,
preda di una indicibile mestizia quando assisto allo scempio e alla dissacrazione che
la stupidità umana ha costruito attorno ai due primi giorni di novembre: la preghiera e
il ricordo sono stati trasformati in una orrenda festa in maschera con zucche, streghe e
simulacri di impalcature ossee, straccetti e ragnatele. Questo è lo spettacolo
indecoroso che una società inquieta offre di sé per le due ricorrenze che dovrebbero,
nella loro solennità, ispirare solo umiltà e devozione.
Gianna Radice