Patriarca Kirill, cosa ha detto
Cpsa ha veramente detto il Patriarca Kirill rispondendo a padre Ioan Sauca (della Chiesa ortodossa di Romania) che gli ha chiesto di mediare nella guerra. Il 10 marzo il patriarca ha risposto con un testo (qui in russo) che qui proponiamo tradotto in italiano dal russo,
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Al reverendo arciprete Ioan Sauca, segretario generale facente funzione del Consiglio mondiale delle Chiese
Sua eccellenza, caro padre Ioan,
la ringrazio per la sua lettera del 2 marzo 2022. Avendola conosciuta per molti anni come fedele amministratore della Chiesa di Cristo e instancabile lavoratore nel campo dell’educazione e della formazione delle giovani generazioni, apprezzo profondamente il suo lavoro di segretario generale ad interim del Consiglio ecumenico delle Chiese, organismo che ha lo scopo di promuovere l’accordo e il rispetto reciproco tra i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane.
La nostra Chiesa è entrata a far parte del Cec nel 1961, dopo aver accettato le sue rinnovate basi come “comunità di Chiese” e la Dichiarazione di Toronto che recitava, in particolare, che “il Consiglio in quanto tale non può assolutamente diventare lo strumento di una confessione o di una scuola […], le chiese membri devono riconoscere la reciproca solidarietà, prestarsi reciproca assistenza in caso di necessità e astenersi da atti incompatibili con il rapporto fraterno”.
Dal 1983 una delle priorità del Cec è stata coinvolgere le sue chiese membri nel processo di riconoscimento della loro responsabilità condivisa per la giustizia, la pace e l’integrità del creato all’interno della comunità mondiale. Vale a dire che la nostra appartenenza al Cec, con i dialoghi, le discussioni basate sul principio di uguaglianza e la cooperazione con l’intera cristianità, non è stata solo espressione del nostro impegno per la causa della riconciliazione tra le persone, ma ci ha anche dato fiducia nella solidarietà e nel sostegno della comunità cristiana mondiale.
In questi giorni, milioni di cristiani in tutto il mondo, nelle loro preghiere e pensieri, si rivolgono ai drammatici sviluppi in Ucraina.
Come sapete, questo conflitto non è iniziato oggi. Sono fermamente convinto che i suoi iniziatori non siano i popoli di Russia e Ucraina, che provengono dal fonte battesimale di Kiev, sono uniti dalla fede comune, hanno santi e preghiere comuni e condividono un destino storico comune.
Le origini del confronto risiedono nei rapporti tra Occidente e Russia. Negli anni Novanta alla Russia era stato promesso che la sua sicurezza e dignità sarebbero state rispettate. Tuttavia, col passare del tempo, le forze che consideravano apertamente la Russia come loro nemica si avvicinarono ai suoi confini. Anno dopo anno, mese dopo mese, gli Stati membri della Nato hanno rafforzato la loro presenza militare, ignorando le preoccupazioni della Russia secondo cui le armi avrebbero potuto un giorno essere usate contro di essa.
Inoltre, le forze politiche che si prefiggono di contenere la Russia non avrebbero combattuto contro di essa da sole. Stavano progettando di usare altri mezzi, cercando di rendere nemici i popoli fraterni russi e ucraini. Non hanno risparmiato sforzi né fondi per inondare l’Ucraina di armi e istruttori di guerra. Tuttavia, la cosa più terribile non sono le armi, ma il tentativo di “rieducare”, di trasformare mentalmente gli ucraini e i russi che vivono in Ucraina per renderli nemici della Russia.
Perseguire lo stesso fine è stato l’obiettivo dello scisma ecclesiastico creato dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli nel 2018. Ha messo a dura prova la Chiesa ortodossa ucraina.
Già nel 2014, quando il sangue veniva versato a Maidan, a Kiev, e ci furono le prime vittime, il Cec espresse la sua preoccupazione. Il 3 marzo 2014 il dottor Olav Fykse Tveit, all’epoca segretario generale del Cec, disse: “Il Consiglio ecumenico delle Chiese è profondamente preoccupato per gli attuali pericolosi sviluppi in Ucraina. La situazione mette in grave pericolo molte vite innocenti. E come un vento pungente della Guerra Fredda, rischia di minare ulteriormente la capacità della comunità internazionale di agire ora o in futuro su molte questioni urgenti che richiederanno una risposta collettiva e di principio”.
Fu allora che scoppiò un conflitto armato nella regione del Donbass, la cui popolazione difendeva il proprio diritto a parlare la lingua russa, chiedendo il rispetto della propria tradizione storica e culturale. Tuttavia, le voci di quell popolo sono rimaste inascoltate, così come migliaia di vittime tra la popolazione del Donbas sono passate inosservate nel mondo occidentale.
Questo tragico conflitto è diventato parte della strategia geopolitica su larga scala volta, in primo luogo, a indebolire la Russia.
E ora i leader occidentali stanno imponendo alla Russia sanzioni economiche che saranno dannose per tutti. Palesemente ovvie le loro intenzioni: portare sofferenze non solo ai leader politici o militari russi, ma in particolare al popolo russo. La russofobia si sta diffondendo nel mondo occidentale a un ritmo senza precedenti.
Prego incessantemente che con la Sua potenza il Signore aiuti a stabilire al più presto una pace duratura e basata sulla giustizia. Chiedo a voi e ai nostri fratelli in Cristo, uniti nel Concilio, di condividere questa preghiera con la Chiesa ortodossa russa.
Caro padre Ioan, esprimo la mia speranza che anche in questi tempi difficili, come è avvenuto nel corso della sua storia, il Consiglio ecumenico delle Chiese possa rimanere una piattaforma per un dialogo imparziale, libero da preferenze politiche e da un approccio unilaterale.
Possa il Signore preservare e salvare i popoli della Russia e dell’Ucraina!
Con amore paterno,
Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie