Parlare di Lobby gay è complottismo?
Un articolo di David Barra
Torino, 24 novembre 1981. I vigili del fuoco forzano l’ingresso di un appartamento al quinto piano in via Rossini. Si tratta dell’abitazione del quarantottenne Hans Egert, lettore universitario e insegnante di tedesco presso l’Istituto Goethe. Da alcuni giorni nessuno ha notizie di questo professore. I pompieri lo trovano nella stanza da bagno, con un cappio ben stretto attorno al collo. Egert era costantemente minacciato dal suo giovane amante, un ragazzo tunisino che chiedeva ingenti somme di denaro in cambio del silenzio sulla loro relazione omosessuale. Stanco di subire ricatti, il docente avrebbe dovuto affrontare la questione in tribunale ma alla fine ha deciso di togliersi la vita.
Angelo Pezzana, presidente del Fuori (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), commenta la triste vicenda al cospetto dei cronisti del Corriere della sera. «La vera cosa drammatica — afferma Pezzana — è come sia stato possibile imbastire un ricatto sull’omosessualità. Tutti dicono di accettarla, ma in pratica avviene il contrario». Poi aggiunge: «Siamo trecento iscritti al Fuori, ci consideriamo una lobby, non un partito, e cerchiamo di far capire che la “diversità” non è nulla di anormale»[1].
Una lobby. È così che il fondatore del primo movimento di liberazione omosessuale italiano definisce pubblicamente la propria organizzazione. Gli anni Settanta appartengono ormai al passato e l’esperienza del Fuori (fondato nel 1971) si colloca nelle forme di attivismo tipiche di quel decennio: una dimensione obsoleta. A partire dagli anni ’80, infatti, la militanza gay italiana compie passi da gigante rispetto al passato, specialmente dopo la “scomparsa” del Fuori. Le menti di questa organizzazione capiscono che per poter incidere realmente nella società devono adottare nuove strategie ed effettuare un cambio di paradigma che si concretizza nei tre giorni dell’ultimo congresso nazionale: dal 22 al 24 gennaio 1982 presso l’Hotel Aequa di Vico Equense (NA).
«Si prende atto — si legge tra i risultati del congresso — che oggettivamente la situazione non è più quella di tipo “movimentistica” degli anni settanta, bensì di pieno ritorno agli schemi della “delega”, per cui si impone di abbandonare le qualifiche e le impostazioni di movimento (sede, riunioni di gruppo ormai deserte) per ripiegare su quelle di “rappresentanti” e “portavoce” del Fuori nelle varie città d’Italia. Attraverso questi il Fuori porterà avanti il confronto con le istituzioni e con l’opinione pubblica. Da qui scaturisce la nuova immagine e la nuova impostazione del Fuori come “gruppo di pressione” o, per dirla all’inglese, come lobby. Attraverso questo piccolo nucleo di persone e carichi delle idee, delle lotte e delle rivendicazioni maturate in tutti questi anni continueremo ad alimentare i valori della liberazione omosessuale nella società civile. I mezzi e gli strumenti saranno logicamente diversi proprio in base alle nuove situazioni venutesi a determinare non certo per nostra scelta. Faremo fruttare le adesioni e le solidarietà maturatesi in questi anni di mobilitazione utilizzando queste in sostituzione di quelle partecipazioni dirette dei singoli omosessuali che ieri ci permettevano di organizzare manifestazioni e cartellonate di protesta. Agire ad un livello più sottile di pressione attraverso l’infiltrazione all’interno dei meccanismi stessi delle istituzioni che non a quello dello scontro diretto “di piazza e di massa”[2]».
Il 25 gennaio 1982 il quotidiano Il Mattino pubblica un articolo contenente un’intervista ad Angelo Pezzana, il quale afferma: «Il modo di operare del Fuori per il futuro, però, sarà diverso. Quale “lobby” o “gruppo di pressione”, appunto, intende “premere” sulle istituzioni — siano gli assessorati alla cultura, all’istruzione, tempo libero, sanità; siano le università o i centri di potere finanziario come le banche — presentando loro una serie di proposte che contribuiscano a modificare il costume della gente nei confronti dell’omosessualità»[3].
Pezzana rilascia un’intervista anche al quotidiano Il Messaggero:
«Il Fuori non sarà più un “movimento” ma un gruppo di pressione sul modello della “lobby” inglese. L’obiettivo, dunque, è soprattutto quello di coinvolgere le istituzioni, facendo una serie di proposte sia alle amministrazioni locali, sia ai centri di potere culturale come le università, attraverso presidi e professori, sia a centri di potere finanziario come le banche».
— Avete già qualche proposta concreta?
«Per esempio, quella fatta a grandi banche, affinché, attraverso i centri studi coi quali finanziano iniziative culturali, organizzino un incontro a Saint Vincent con la stampa italiana, per un’analisi del linguaggio usato per trattare l’omosessualità. Oggi, sono scomparse dai quotidiani frasi come “Nello squallido ambiente degli invertiti” o “Nel torbido mondo degli omosessuali”. Sarebbe importante, però, un confronto allargato e approfondito»[4].
Nel gennaio del 1982 si organizza ufficialmente la Lobby gay italiana. A definirla in tal modo sono proprio gli attivisti omosessuali, gli stessi che durante il congresso hanno affermato di voler «agire ad un livello più sottile di pressione attraverso l’infiltrazione all’interno dei meccanismi stessi delle istituzioni», con buona pace di chi oggi bolla tutto questo come «complottismo», a cominciare da Wikipedia che alla voce Lobby gay riporta quanto segue:
«La lobby gay (anche nota come lobby LGBT e in lingua inglese definita anche come “gay mafia”) è un’ipotetica organizzazione che sarebbe infiltrata nella politica e nelle istituzioni e costituita da presunti gruppi di pressione (lobbisti) a favore dei diritti LGBT; è generalmente associata a gruppi di influenza posti in posizioni di rilievo nei settori della moda e del mondo dello spettacolo, dell’intrattenimento e anche in politica, in ambito informativo fino alla vita di tutti i giorni; viene citata quando ci sono sforzi a favore dell’espansione dei diritti per le minoranze sessuali e viene usata per boicottare e soffocare gli sforzi portati avanti dalle persone LGBTQ. Non si hanno prove dell’esistenza di questa organizzazione né tantomeno di un complotto da essa architettato».
Non si hanno prove dell’esistenza di questa organizzazione: la fonte riportata da Wikipedia a sostegno di tale affermazione è un articolo di Wired che parla di una canzone di Francesco Gabbani, “Pachidermi e pappagalli” [5]. Già, perché nel testo il cantante fa riferimento al complottismo e afferma: «Lo sai, la terra è piatta e dominata ormai dalle lobby gay, da banchieri ebrei». Molto interessante, sul serio, tuttavia abbiamo validi motivi per ritenere un po’ più attendibili i risultati di un congresso nazionale del primo movimento gay italiano. Noi non crediamo che la Terra sia piatta, né tantomeno che sia dominata dalle lobby gay. I gruppi di pressione, tuttavia, esistono e riguardano svariati settori. Ostinarsi a negarne l’esistenza soltanto nell’ambito dei movimenti LGBT significa semplicemente andare contro il buonsenso (ed essere realmente complottisti). Volendo guardare oltreoceano abbiamo l’esempio della Gay Rights National Lobby, fondata a Washington DC nel 1976 (come mai Wikipedia in lingua italiana non ne fa menzione?). Tra i principali successi di questo gruppo di pressione statunitense va ricordato il forte contrasto al disegno di legge (poi bocciato) denominato “Family Protection Act” proposto dall’amministrazione Reagan nel 1981 per favorire le famiglie americane e tagliare i fondi federali alle organizzazioni abortiste, omosessualiste e ostili ai ruoli tradizionali. Di questa lobby gay si parla anche in un libro molto interessante pubblicato nel 1989. Le linee guida del Fuori, infatti, anticipano di alcuni anni il saggio «After the ball. How America will conquer its fear and hatred of Gays in the 90’s» ossia «Dopo il ballo. Come l’America sconfiggerà la sua paura e il suo odio verso i gay negli anni ’90», scritto da Marshall Kirk (psicologo) e Hunter Madsen (esperto di tattiche di persuasione e social marketing) due attivisti gay americani che propongono una serie di nuove strategie per rendere la comunità omosessuale una realtà socialmente accettabile.
Il «ballo» a cui gli autori fanno riferimento nel titolo è proprio l’impostazione provocatoria e trasgressiva dell’attivismo omosessualista dei decenni precedenti, una condizione che deve essere abbandonata e riposta in armadio tra le piume e i tacchi a spillo. Secondo Kirk e Madsen bisogna mettere da parte anche gli atteggiamenti aggressivi, legati all’attivismo di tipo marxista, per far sì che l’opinione pubblica possa identificare l’omosessuale con la vittima e non con il contestatore. Un’opportunità per far presa sulle masse in tal senso (in base a ciò che affermano i due autori) è quella offerta dall’AIDS: «Per quanto cinico possa sembrare, l’AIDS ci dà una possibilità, benché piccola, di affermarci come una minoranza vittimizzata che merita legittimamente l’attenzione e la protezione dell’America»[6]. Cercare di ricondurre il più possibile l’omosessualità ad una minoranza oppressa e perseguitata è però soltanto una delle numerose direttive esposte nel libro.
Dopo aver individuato un target ben preciso al quale rivolgersi, ossia i cosiddetti “scettici”, persone collocabili più o meno a metà strada tra le posizioni totalmente favorevoli e quelle totalmente contrarie nei riguardi delle istanze omosessualiste, i due autori propongono varie tattiche di persuasione, dalla desensibilizzazione (riempire i media di discorsi sull’omosessualità fino a farla divenire un argomento noioso e banale, dunque accettabile) alla demonizzazione degli avversari politici (ad esempio associandoli il più possibile al fascismo o al nazismo).
Anche Kirk e Madsen citano la Gay Rights National Lobby, specificando che nel 1986 si fuse con la Human Rights Campaign, quella che oggi è la più grande associazione LGBT d’America (750.000 soci e sostenitori) fondata nel 1980 da Steve Endean, ex direttore della Gay Rights National Lobby.
[1] Baglivo, «Suicida per vergogna», Corriere della sera, 25 novembre 1981, p.7
[2] «I risultati dell’8° congresso nazionale», Fuori! giornale di liberazione delle lesbiche e degli omosessuali, n°32, p. 3
[3] S.R. «Gli omosessuali contro le barriere», Il Mattino, 25 gennaio 1982, p.5.
[4] «Napoli, gli obiettivi dopo il congresso», Il Messaggero, 25 gennaio 1982, p.8.
[5] https://www.wired.it/attualita/media/2017/09/25/pachidermi-pappagalli-gabbani-complottismo-canzone-video/
[6] Kirk, Marshall (1989). «After the ball : how America will conquer its fear and hatred of gays in the 90s». New York: Plume.