Istruzioni elementari per fabbricare una polpetta avvelenata
I dolcetti avvelenati devono sempre essere avvolti in carta stagnola colorata. Possono ingannare gli ingenui: una volta tolta la stagnola resta il dolcetto, nudo, con il suo inconfondibile odore di veleno, con il suo inconfondibile sapore di veleno. La polpetta avvelenata è un prodotto nettamente superiore: spesso anche gli accorti e saggi e possono essere ingannati.
Il termine finestra di Overton è la versione colta di quello che noi di cafoni bifolchi chiamiamo polpetta avvelenata, un sistema per rendere accettabile l’inaccettabile. Le polpette avvelenate hanno una ricetta precisa. In primo luogo ci vuole una carne di alta qualità, badando anche a conservare lo scontrino del macellaio, così quando qualcuno comincerà a protestare, a sospettare il veleno, si potrà sempre fare la faccia offesa e mostrarlo come prova della qualità. Poi occorre qualcosa di prorompente, per esempio la salsiccia così da nascondere l’odore del veleno, e dopo spezie, in grandi quantità, e meglio se forti, così da nascondere il sapore del veleno, e alla fine c’è il veleno.
Quindi abbiamo quattro componenti: la tritata ottima certificata dallo scontrino del macellaio, talmente buona che abbaglia, talmente certificata da bloccare qualsiasi critica. Poi abbiamo la salsiccia qualcosa che distrae, è divertente, è accattivante, piacevole: possiamo definirlo elemento distraente. Ora arrivano le spezie di qualità scadente che servono a riempire la bocca di piccante e nascondere il sapore del veleno. Sono menzogna. E alla fine abbiamo il veleno.
Mignonne, Cuties, il film Netflix è una geniale doppia finestra di Overton, una porta spalancata. Tutti hanno colto che si tratti di una spaventosa porta aperta sulla più sguaiata sessualizzazione dell’infanzia, ma pochi hanno colto il secondo messaggio avvelenato, la descrizione di una periferia fantastica che esiste solo nella mente della sinistra francese europea, un luogo incantato pieno di ragazzine islamiche che possono girare in abiti per succinti senza che i fratelli musulmani vengano a chiedere conto, di ragazzine che in abiti ipersuccinti in luoghi degradati e isolati non corrono alcun rischio, di madri islamiche che mettono il velo alla figlia quando si va al centro di preghiera e poi la mandano a scuola con le magliette che scoprono l’ombelico. Un unicorno sarebbe più verosimile.
La rappresentazione della miseria e del dolore è sempre commovente. Amy , undicenne, vive in un ambiente miserabile: miserabile lavandino, miserabili sentimenti. La ragazzina ascolta la madre col cuore spezzato perché il marito ha scelto un’altra sposa. Il letto della nuova donna è già pronto in una stanza della casa quasi fiabesca. Una vera sposa musulmana deve sorridere al matrimonio del marito. La madre dolente è una figura notevole: è ferita nella sua femminilità. Anche la figlia e ferita la sua femminilità e nel suo essere figlia. Una ferita molto profonda che debba e possa giustificare il comportamento successivo della ragazzina. Questa è la parte buona, fornita anche di certificazione: l’autrice della storia è senegalese e musulmana, questo è un film impegnato. E qui la carne tritata è finita e siamo già alla salsiccia. In tutta questa tristezza come una meteora arrivano quattro ragazzine di etnie diverse Le varie etnie che si affollano nelle banlieau si amano solamente nella mente della sinistra, un mondo fantastico pieno di unicorni. Le varie etnie si odiano, questa è la grande sconfitta del cosiddetto comunitarismo. Se anche qualcuno osasse non odiare, ci penserebbero genitori e conoscenti a ristabilire le giuste distanze. Ma facciamo finta di crederci, le quattro ragazzine costituiscono un gruppo di ballo, le Mignonnes, che deve vincere una gara.
E ora comincia il peperoncino, la menzogna. Nei quartieri islamici una ragazzina islamica può andare con l’ombelico di fuori alla ricerca dell’unicorno, essendo unicorno il personaggio di gran lunga più credibile dei due. Insieme agli unicorni corrono per le strade queste fantastiche madri islamiche che da un lato mettono il velo sulla testa delle loro figlie e dall’altro comprano loro magliette che lasciano l’ ombelico di fuori e non si accorgono che vanno a scuola vestite da vamp. La tolleranza islamica, insieme alla lottizzazione delle bambine, in una Francia sempre più insanguinata, è il prodotto del film. Nella vita vera sempre maggiori sono le aggressioni a ragazzine non islamiche vestite con abiti più normali che succinti. Quelle islamiche non si provano nemmeno.
Il gruppo di ragazzine che mischiano coraggio sfrontatezza permettono a Amy di ricuperare la sua femminilità. Le quattro ragazzine, cinque con la nostra eroina, si preparano per un concorso, l’unico concorso di cui posso importare qualcosa qualcuno: il ballo. Amy ruba il cellulare al cugino per riprendere se stessa e le altre e mettere il tutto sui social scoprendo che gli abiti succinti e i balli erotici attirano i like. La nostra eroina per conquistarsi il posto di ballerina, insegna alle altre il twerking, un tipo di ballo con movimenti ritmici e velocissimi delle natiche, e dove si mima l’atto sessuale, appreso sul cellulare del cugino. Le altre, che hanno undici anni, non tre e mezzo, nella loro sublime e improbabile ingenuità non capiscono che è un ballo erotico, capiscono solo che dà più like. Amy ruba tutti i soldi della madre per comprare biancheria intima, è stata presa in giro per le sue mutandine vecchie, e le divise ipersexy per il ballo. Grazie anche ai like, Amy ha capito che i movimenti osceni del corpo sono merce, danno qualcosa in cambio. Quando le ragazzine vengono pescate dal sorvegliante di un centro dove sono entrate senza pagare il biglietto Amy si spoglia e lo stordisce con i suoi movimenti. Il cugino di Amy scopre che lei ha il suo cellulare, lo rivuole indietro , Amy cerca di sedurlo spogliandosi e ballando ma il cugino non cede, anche perché è islamico e quindi una persona perbene. La ragazzina si chiude in bagno, per la stizza si fotografa le parti intime, quelle veramente intime, posta la foto sui social, poi seccata restituisce il cellulare al cugino. L’unico che mancherà di rispetta a Amy sarà il ragazzino biondo francese purosangue, cui lei massacra una mano per rappresaglia.
La foto pubblicata sui social squalifica tutte le Mignonnes e Amy è espulsa. Ci rientrerà il giorno della competizione: Amy fa la posta alla ragazzina grassa, la butta in acqua. L’altra non sa nuotare, ma riesca ad attaccarsi a una boa, forse non annegherà, forse sì. Amy si presenta alla competizione dove, in mancanza della poveretta che sta annegando, viene ripresa. Il ballo è talmente erotico che dà fastidio al pubblico. A questo punto Amy si rende conto e se ne va, lasciando le altre tre lì, torna a casa, si mette i jeans e una maglietta, non la divisa ipersexy e nemmeno l’abito portato dal Senegal, va al matrimonio del padre, e si ferma a giocare alla corda. Saltando a corda ricupera la sua innocenza, mentre le tre disgraziate cui lei ha insegnato un ballo folle sono rimaste a sbrogliarsela da sole davanti a un pubblico disgustato e la quarta forse sta sempre annegando, o forse no. Il film me lo sono guardato dall’inizio alla fine, posso affermare che è un’operazione indegna, la trama è ridicola, i dialoghi improbabili, e che non basta inquadrare la spazzatura e far dire le parolacce per fare realismo. Anche chi non ha visto ha l’assoluto diritto di giudicarlo un’operazione indegna. Nulla giustifica aver girato un film dove vere bambine di 11 sculettano. Per apprendere quel livello tecnico lo hanno fatto per ore e ore, con un coreografo che spiega, devi tirare il sedere più in fuori tesoro, metti un dito sulla patatina e uno in bocca, e fai l’aria estatica, e ora datti una bella pacca sul sedere e fai la bocca a culo di gallina, la lingua più fuori. Questa scena inoltra dimostra che l’idea del film realistico è una patacca, il vero scopo è causare il massimo di erezioni tra chi guarda le bambine, perché è la pedofilia l’ultimo traguardo , da sempre dichiarato , della cosiddetta rivoluzione sessuale del 68. Se il film fosse un film sociale, il ballo sarebbe imperfetto, le ragazzine dovrebbero essere truccate col mascara sbavato e l’ombretto asimmetrico, ogni tanto qualcuna dovrebbe sbagliare passo, così anche da evitare la ulteriore irrealtà del dilettante che con l’aiuto di un cellulare diventa bravissimo. Il trucco è iperprofessionale, il ballo è iperprofessionale, Mignonnes è una iperporcata.
Altre bambine arriveranno, in altri film che non tenteranno nemmeno la patina di film sociale con autrice senegalese islamica a fare da scontrino del macellaio, da certificazione di qualità, Gli altri saranno nauseanti in maniera più semplice ed evidente. È consolante che qualcuno stia boicottando Netflix.