Secondo un’ipotesi, oltre i 17 giorni la reclusione non serve.
Oltre i 17 giorni stare chiusi in casa non serve a nulla
Secondo uno studio scientifico, i cui risultati sono stati pubblicati dal Corriere della Sera in un articolo di Elena Comelli del 19.04.2020, solo i primi 17 giorni successivi all’applicazione delle norme di contenimento dei movimenti e di chiusura (lockdown) determinano l’entità del contagio da coronavirus (Covid-19). Dunque secondo questo studio, che ha coinvolto un team internazionale ma a guida italiana, la diffusione del contagio sembrerebbe dipendere solo dai focolai sviluppatisi nel primi giorni e sarebbe indifferente al rigore del lockdown superati questi primi 17 giorni. Nell’articolo quindi, a firma di Elena Comelli, ci si chiede se chiudersi in casa e fermare le industrie serva a qualcosa. Infatti lo studio guidato da Stefano Centanni, ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio all’Università di Milano e direttore dei reparti di pneumologia degli Ospedali San Paolo e San Carlo di Milano, suggerirebbe che qualsiasi misura restrittiva applicata dopo i primi 17 giorni incide poco o addirittura nulla sull’andamenti dei contagi e sul numero delle vittime. Il team ha anche elaborato un modello matematico predittivo delle vittime che finora si è rivelato estremamente preciso, in tutti i Paesi analizzati, sia in quelli in cui, come il nostro, le misure di contenimento sono rigide, sia in quelli dove le industrie hanno continuato a lavorare e i movimenti dei cittadini non sono stati limitati, come Germania e Svizzera. La curva dei contagi, che si assomiglia in ogni Paese, è stata ricostruita a partire dai dati cinesi. Il 10 marzo scorso, data in cui il modello inizia a prevedere, esso prevede per il 18 aprile in Italia 23.873 morti, indipendente dalle misure restrittive messe in atto. I casi registrati nella realtà sono 23.227, poche centinaia in meno ma un dato molto molto vicino alla previsione. Le previsioni per fine maggio sono poco meno di 30.000 vittime e se il modello dovesse rispecchiare la realtà come ha fatto finora saranno i morti che piangeremo. Lo stesso successo previsionale si è avuto anche per Germania, Spagna e lo Stato di New York.
Se questa ipotesi sarà confermata, non ha nessun senso prolungare la prigionia, distruggere il sistema immunitario, la psiche, il sistema scolastico, le relazioni umane, il futuro e ovviamente la religione della nazione.
L’articolo permette di risparmiare il denaro pubblico, che pagherà le consulenze delle task force, di cui temo di aver parso il numero, dei sedicenti esperti, che esperti non possono essere perché questa è una situazione che mai è comparsa nella storia dell’umanità. Chiunque quindi se ne dichiari conoscitore, è un fiero zuzzerellone. Non abbiamo bisogno dei decreti di Conte e nemmeno dei suoi esperti. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci liberi da entrambi. E già che c’è che ci liberi dei virologi che hanno invaso ogni trasmissione televisiva, che si dichiarano a loro volta esperti di un fenomeno nuovo e sconosciuto, che non possono conoscere, tutti assolutamente incapaci dell’uso del congiuntivo e del condizionale, tutti con l’indicativo in resta come la lancia dei cavalieri. Difficilmente ci dimenticheremo del dottor Burioni che il 31 gennaio, mentre il virus impazzava e uccideva da settimane, ha dichiarato sempre con il solo uso dell’indicativo, sempre con la sacra certezza di Giovanna D’Arco che ha appena parlato con San Michele Arcangelo, che “Il virus non sta circolando”. Un’ affermazione così perentoria si può fare solo dopo aver fatto il tampone a 60 milioni di italiani. E noi, tutti, popolo italiano, riprendiamoci la libertà di uscire e quella di pensare, e piantiamola di farci ammaliare dalla parola esperto. Dopo che ci hanno venduto come massimo esperto del clima una ragazzina svedese che va a scuola un giorno su due, impariamo la magnifica arte della diffidenza.