Un esempio di psicoreato: la bulimofobia
La libertà di ognuno di vivere come vuole non può cozzare con la libertà degli altri di disapprovarlo. Essere accettati non è un diritto, perché viola la libertà altrui di non accettare: qui nasce lo psicoreato.
Il termine psico reato è stato usato dallo scrittore Giorge Orwell nella terrificante distopia 1984, descrive una dittatura hard, dove è vietato anche il pensiero libero. Lo psico reato necessita di una psico polizia, di inquisitori cioè particolarmente adatti a rilevarlo. La dittatura ricalca quella dei regimi comunisti: propaganda martellante, miseria assoluta, guerra permanente, polizia segreta che ti spacca le ossa, dista presenti con le tenaglie e ti fa attraversare da scariche di corrente elettrica. Noi siamo una dittatura soft: questo è il significato della politicamente corretto. Dittatura soft è anche l’ossimoro vietato che aggredisce coloro che vietano: per esempio vietano di rubare, vietano di “ sedurre” un bambino di 11 anni ma anche di 9, vietano che un uomo e una donna anziani siano soppressi perché costa troppo mantenerli, sono i malvagi, bigotti, rigidi. Il concetto di psico reato presuppone quindi che esista un pensiero deviante rispetto a un pensiero retto, presuppone cioè la presenza di dogmi. Il politicamente corretto è dogmatico.
La verità non ha paura del pensiero divergente, perché è sempre in grado di dimostrare le proprie affermazioni. È la menzogna che deve blindare i suoi dogmi. Faccio un esempio di psicoreato, un esempio al momento ancora fantastico, così alla prossima puntata possiamo parlare degli psicoreati attuali, omotransfobia, islamofobia, violazione del dogma abortire gratis è un diritto , violazione del dogma i vaccini sono tutti sempre innocui. Oggi parliamo di bulinofobia: come George Orwell ho deciso anche io di descrivere distopie immaginarie: è più divertente e si scansano denunce, ma si riesce comunque a dare l’idea.
Immaginiamo di coniare il neologismo bulimofobia. Bulimofobia, detestare la bulimia, mangiare e vomitare, non vorrebbe dire detestare le persone che vomitano, ma il contrario, vorrebbe dire amarle, e molto. Odiare il vomito volontario non vuol dire disprezzare le persone che vomitano, vuol dire avere la certezza delle loro potenzialità di esseri umani di smettere, sia pure con grandissima fatica, un comportamento biologicamente perdente. Le persone che vomitano odiano con tutta l’anima chi cerca di spingerle a interrompere il vomito. Il cervello è plastico ed è basato sulle abitudini.
A seconda di come noi lo usiamo, modifichiamo il nostro cervello. Le persone che vomitano hanno modificato il loro cervello così da provare piacere nel vomitare, si chiama meccanismo di inversione del senso del piacere e del dolore, col vomito si hanno picchi di endorfine, i neurotrasmettitori del piacere e tutto il resto della giornata è deprivata di endorfine: sono diventate dipendenti dal vomito. Nei casi di vomito quotidiano, vomitare diventa la cosa più importante della vita, è certamente quella che dà maggiore sensazione di falsa e magnifica sicurezza, di falsa libertà mentre è una dannata dipendenza, un ’inebriante sensazione di essere l’unico padrone della propria vita, di avere in pugno con un gesto solo la società e la natura.
Una sensazione inebriante e geniale, ottenuta senza danneggiare nessuno, a voi cosa vi cambia, una persona che vomita ha messo e tolto dal suo stomaco cibo pagato con i suoi soldi o con quelli dei genitori, sicuramente non della comunità. Peccato l’esofago e i denti che crollano, peccato le ossa che crollano, peccato che la psiche crolli e diventi sempre più dipendente dal vomito, migliaia e migliaia di calorie quotidianamente mangiate e vomitate. Allora occorre che qualcuno si alzi in piedi e abbia il coraggio di porre una domanda:
Perché stai scegliendo una non vita a una vita?
Bulimofobia: la parola non esiste perché al momento la bulimia non ha valenza politica, le persone che vomitano non hanno ancora fatto i pride e non hanno arruolato il loro comportamento sotto l’egida dei diritti e la protezione dei partiti democratici. Il giorno in cui lo faranno, la bulinofobia sarà un reato, si distribuiranno pastiglie di bicarbonato e fluoro a spese dei contribuenti con l’informazione, falsa, che se usi precauzioni eviti le malattie conseguenti, senza pensare che chi usa il tubo digerente a scopo ricreativo, sempre, ha tali forme di autoaggressività che non usa le precauzioni. L’Unar, l’uffico antirazzismo stigmatizzerà che detesta il vomito e multerà per discriminazione chi lo disapprova. Se la parola esistesse, vorrebbe dire: amo te e odio quello che fai, perché ti danneggia. In effetti se amiamo qualcuno non possiamo che detestare il comportamento che lo/la danneggia. In effetti se non detestiamo quel comportamento, vuol dire che il nostro amore è solo facciata e quieto vivere, ingredienti squallidini per l’amore.
La bulimia, mangiare e vomitare, è un disturbo gravissimo che, ovviamente, non deve essere perseguito per legge, e infatti non lo è, ma lo è stato in passato. Lo sanno in pochi: in molti luoghi tra il 1200 e il 1600 circa il vomito indotto era considerato una colpa punibile. Si trattava evidentemente di qualcosa di molto teorico, essendo oggettivamente difficile rilevare il reato. La bulimia viola la legge di Dio: è il più grave tra peccati di gola. È ovvio che non debba essere un reato: ognuno ha l’assoluto diritto di mettere e togliere dal suo stomaco cibo pagato così soldi, ma il fatto che qualcosa non sia illegale non vuol dire che non sia immorale. È una violazione dell’etica vomitare il cibo: l’etica che ci impone di rispettare noi stessi, l’etica che ci impone rispettare il mondo. All’inizio vomitare è una scelta, quindi un peccato se vogliamo usare questa desueta e pesante parola, lo si fa per non ingrassare, poi arriva il dannato fenomeno dell’inversione del senso del piacere e del dolore, si crea un intenso piacere a vomitare, una folle sensazione di controllo che va a compensare la distruzione sempre più plateale del senso del se, la mancanza di piacere in tutto il resto della vita e qui diventa una dipendenza, cioè una malattia, caratterizzata da alterazione dei neurotrasmettitori, esattamente come la pornodipendenza. La persona diventa dipendente dalla bulimia, si mangia tutta la sua vita e la vomita. La bulimia è basata su una dipendenza da dolore, il vomito è una forma di dolore, all’inizio è ripugnante vomitare, poi si ha un’ inversione del senso del piacere e del dolore, e la dipendenza da un comportamento lesivo e disfunzionale. Il massimo affetto per le persone affette da bulimia presuppone la massima disapprovazione al comportamento bulimico, che può essere arrestato, completamente e immediatamente, ma occorre una motivazione totale, e solo una disapprovazione totale del comportamento la determina.
Immaginiamo di vivere in una società dove la bulimofobia sia vietata, sia perseguita come il più grave dei reati. Immaginiamo che un gruppo di medici, medici un po’ particolari, per esempio medici che non facciano gastroscopie e non controllano gli esami del sangue, che quindi che non vedono la esofagite, il potassio troppo basso tipici del vomito involontario, diciamo degli psichiatri, dichiarino che
- Esistono le “bulimiche” come categoria: mangiare e vomitare cioè non è un comportamento, ma una struttura, una maniera di essere, qualcosa che fa parte dell’identità.
- Le bulimiche nascono bulimiche e muoiono bulimiche: essendo la bulimia un’identità, non accoglierle e rifiutarle è intollerante e malvagio.
- Il vomito auto indotto una forma di normalità, lo dichiarino per votazione: è evidente che tutto questo non è scienza, ma anti scienza.
E ora immaginiamo che i medici che dichiarano i danni fisici e psichici e ricordino che è un comportamento reversibile siano perseguiti.
E ora immaginiamo che l’affermazione “la bulimia è normale, un’allegra e perseguitata forma di libertà alimentare, tollerarla nei ristoranti e nelle mense è una forma di inclusione, la bulimia è un diritto umano” diventa un nuovo martellante oggetto di propaganda di tutti i media. Tutti lo ascoltano, all’inizio sembra buffo, ma poi tutti si adeguano. Film, romanzi, serie televisive martellano ossessivamente sulla fanciulla ( più raramente fanciullo), sempre bella, intelligente e affascinante, che adora mangiare e vomitare e che gli ottusi bigotti perseguitano.
E ora, dopo questo esempio paradossale, cominciamo a essere seri.
Sostituiamo alla parola bulimofobia l’altro termine con la parola fobia e avremo lo psicoreato che sta annientando la libertà di parola, che da un momento all’altro esisterà come reato anche in Italia.