Pizzi, merletti e ricami.
Pizzo dal longobardo spizzo, punta.
Con questa parola di origine longobarda si intende un manufatto dove si alternano pieno e vuoto: punte che si stagliano nel vuoto. Mia nonna mi ha insegnato a fare i pizzi all’uncinetto e a chiacchierino. È una tecnica che permette un magnifico equilibrio nei nostri emisferi, quello emotivo che si concentra sulla grazia del disegno e quello razionale che deve fare un qualche calcolo aritmetico e geometrico perché i punti siano corretti, e ci permette di dimenticare l’ansia o resistere alla compulsione, la voglia di svuotare il frigo per esempio, voglia che sembra infinita, che riempie ogni angolo della mente, e che invece si stempera nel movimento delle mani. Usare le mani impegna grandi parti del tessuto cerebrale. È come quando su un computer montiamo un programma pesante, rallenta tutti gli altri. Fare pizzi, ricamare, usare ferri e uncinetto erano le armi che noi donne avevamo non solo per costruire oggetti unici, con una tecnica che traversava le generazioni nella tenerezza, ma anche per aumentare la nostra forza, per salvare il nostro equilibrio. Nell’ultimo mezzo secolo tutto questo in molte famiglie si è perso, anche per il disprezzo del movimento femminista, che ha sempre considerato le attività tipicamente femminili attività inferiori, perché il movimento feminista, sostanzialmente non ama le donne, ne concepisce l’esistenza solo se si comportano come fossero uomini, se si sbattono fuori casa a fare un qualche lavoro sfruttato, dopo aver trascinato all’asilo nido un bambino disperato che qualche volta viene dimenticato in auto perché il livello di stress è talmente alto che si forma la maleddettala falsa memoria -l’ho già portato-e il disastro arriva.