Islam
Per questo unico articolo pubblicato su le Figaro, il filosofo e storico francese Robert
Redeker è stato condannato a morte da una fatwa.
Dopo il discorso tenuto da Papa
Benedetto XVI all’Università di Ratisbona sull’islam, innumerevoli Fatwe furono pronunciate
contro il Papa nel mondo islamico, ma la più terribile fu la Fatwa pronunciata dall’occidente
pavido e indecente e dai suoi indecenti intellettuali. L’unica voce fu quella di Robert
Redeker, che pubblicò un unico articolo su Le Figaro. Da allora, per quell’unico articolo
Robert Redeker vive come un fantasma, ha perso il lavoro, la casa.
Riporto l’articolo non solo come solidarietà a un uomo coraggioso che dal 2006 vive come
un fantasma e non è nemmeno potuto andare al funerale del padre, ma perché sottoscrivo
questo articolo.
L’islam è violenza, una violenza irrisolvibile perché contenuta nel Corano. La distruzione
della libertà umana è irrinunciabile per l’islam. Lo stesso Tariq Ramadan, il più importante
portavoce dell’islam sul suolo europeo, afferma che palare di diritti umani è un’offesa
all’islam, perché l’islam non può e non deve rispettare questi diritti.
Le reazioni suscitate dall’analisi di Benedetto XVI sull’islam e la violenza fanno parte
dell’obiettivo che lo stesso islam si pone: spazzare via la cosa più preziosa che possiede
l’Occidente e che non esiste in alcun paese musulmano, ovvero la libertà di pensiero e di
espressione. L’islam sta cercando di imporre all’Europa le proprie regole: apertura delle
piscine solo per le donne a determinati orari, divieto di satira della religione, pretesa di
avere un certo tipo di alimentazione per i bambini musulmani nelle mense scolastiche,
lotta per imporre il velo nelle scuole, accusa di islamofobia contro gli spiriti liberi. Come si
spiega il divieto dell’estate scorsa di portare il tanga a Paris-Plage? La spiegazione addotta
è quantomeno strana: c’era il rischio, si dice, di “turbare l’ordine pubblico”. Cosa significa?
Che bande di giovani frustrati avrebbero rischiato di diventare violenti di fronte alla
bellezza che faceva mostra di sé? Oppure si temevano manifestazioni islamiche, nelle
vesti di brigate della virtù, nella zona di Paris-Plage? In realtà, il fatto che portare il velo in
pubblico non sia vietato è qualcosa che può “turbare l’ordine pubblico” molto più del
tanga, a causa della condanna che suscita questo strumento per l’oppressione delle
donne. Non è fuori luogo pensare che tale divieto rappresenti una certa islamizzazione
della mentalità francese, la sottomissione più o meno conscia ai dettami dell’islam. O
quantomeno che questo sia il risultato dell’insidiosa pressione musulmana sulla mentalità
della gente: le stesse persone che sono insorte contro l’inaugurazione di un sagrato
dedicato a Giovanni Paolo II a Parigi non fiatano quando si costruiscono le moschee.
L’islam sta cercando di obbligare l’Europa ad adeguarsi alla sua visione dell’uomo. Come
già accadde con il comunismo, l’Occidente è ora sotto sorveglianza ideologica. L’islam si
presenta, esattamente come il defunto comunismo, come alternativa al mondo
occidentale. E come il comunismo di altri tempi, l’islam, per conquistare gli animi, gioca su
fattori emotivi. Ostenta una legittimità, turba la coscienza occidentale, attenta al
prossimo: il fatto di porsi come la voce dei poveri di tutto il mondo. Ieri la voce dei poveri
proveniva da Mosca; oggi viene dalla Mecca. Oggi degli intellettuali si fanno portatori dello
sguardo del Corano, come ieri avevano fatto con lo sguardo di Mosca. Ora la scomunica è
per l’islamofobia, come lo era stata in passato per l’anticomunismo.
Nell’apertura agli altri, che è propria dell’occidente, si manifesta una secolarizzazione del
cristianesimo che può essere riassunta in questi termini: l’altro deve sempre venire prima
di me. L’Occidentale, erede del cristianesimo, è colui che mette a nudo la propria anima,
assumendosi il rischio di passare per debole. Come il defunto comunismo, l’islam
considera la generosità, l’apertura mentale, la tolleranza, la dolcezza, la libertà delle
donne e dei costumi e i valori democratici come segni di decadenza. Sono debolezze che
sfrutta volutamente grazie a degli “utili idioti”, buone coscienze imbevute di buoni
sentimenti, per imporre l’ordine coranico nel mondo occidentale.
Il Corano è un libro di una violenza inaudita. Maxime Rodinson sostiene, nell’Encyclopedia
Universalis, alcune verità importanti che in Francia sono considerate tabù. Infatti, da una
parte, “Maometto rivelò a Medina delle insospettate qualità di dirigente politico e capo
militare (…). Ricorse alla guerra privata, istituzione comune in Arabia, Maometto inviò
subito manipoli di suoi sostenitori ad attaccare le carovane della Mecca, punendo così i
suoi connazionali increduli e, al contempo, ottenendo un ricco bottino”. Dall’altra,
“Maometto approfittò di questo successo per eliminare da Medina, facendola massacrare,
l’ultima tribù ebrea ancora esistente, quella dei Banu Qurayza, con l’accusa di
comportamento sospetto”.
Poi, “dopo la morte di Khadidja, sposò una vedova, brava donna di casa di nome Sawda, e
anche la piccola Aisha, che aveva appena dieci anni. Le sue tendenze erotiche, a lungo
represse, lo avrebbero portato a contrarre contemporaneamente una decina di
matrimoni”.
C’è un’esaltazione della violenza, perché il Corano mostra Maometto sotto questa luce:
guerrafondaio senza pietà, predatore, massacratore di ebrei e poligamo. Ovviamente
anche la Chiesa cattolica ha le sue colpe. La sua storia è costellata di pagine nere, delle
quali ha fatto ammenda: l’inquisizione, la caccia alle streghe, l’esecuzione dei filosofi
Bruno e Vanini, la condanna degli epicurei, quella del cavaliere de La Barre, accusato di
empietà in pieno XVIII secolo, non depongono a suo favore.
Però c’è una differenza fondamentale tra il cristianesimo e l’islam: è sempre possibile
tornare ai valori evangelici, alla dolce personalità di Gesù Cristo, riscattandosi dagli errori
della Chiesa. Pochi. Nessun errore della Chiesa è stato ispirato dal Vangelo. Gesù è per la
non violenza, e il ritorno al Cristo rappresenta la salvezza nei confronti di certi eccessi
dell’istituzione ecclesiale. Il ricorso a Maometto, invece, rafforza l’odio e la violenza. Gesù
è il maestro dell’amore, Maometto, il maestro dell’odio. La lapidazione di Satana che si
ripete ogni anno alla Mecca non è solo un fenomeno superstizioso: non si riduce infatti allo
spettacolo di una folla isterica che flirta con la barbarie, ma ha una portata antropologica.
Si tratta invero di un rito che ogni musulmano è invitato ad accettare, radicando la
violenza come dovere sacro nel cuore del credente. Questa lapidazione, che ogni anno
provoca la morte di fedeli calpestati dalla folla (a volte anche centinaia), è un rituale che
ingloba la violenza arcaica.
Anziché eliminare questa violenza arcaica neutralizzandola, sulla scia dell’ebraismo e del
cristianesimo (l’ebraismo inizia con il rifiuto del sacrificio umano, che è l’ingresso nella
civiltà, mentre il cristianesimo trasformerà il sacrificio in eucarestia), l’islam le crea un bel
nido per crescere al caldo. Mentre l’ebraismo e il cristianesimo sono religioni i cui riti sono
rivolti contro la violenza e la delegittimano, l’islam è una religione che esalta la violenza e
l’odio, sia nel suo testo sacro che in alcuni riti comuni. Odio e violenza pervadono il testo
sul quale si formano tutti i musulmani: il Corano. Come ai tempi della Guerra fredda, la
violenza e l’intimidazione vengono utilizzate al servizio di un’ideologia che si vuole
egemone: l’islam, che mira a mettere la sua cappa di piombo sul mondo intero. Benedetto
XVI sta soffrendo la crudeltà di tale esperienza. Come in altri tempi, è necessario dire a
chiare lettere che l’Occidente è “il mondo libero” nei confronti di quello musulmano, e,
come in quei tempi, gli avversari di questo “mondo libero”, funzionari zelanti del Corano,
pullulano al suo interno.