Alla prima donna che ho conosciuto in vita mia
Alla prima donna che ho conosciuto in vita mia, la signora che c’era dall’altra parte del cordone ombelicale.
Sono nata di sette mesi, e non riuscivo a piangere, ci voleva troppo fiato, ero troppo impegnata a cercare di respirare, attività dove pare non eccellessi.
Anche la partenza era stata stentata: avevano attivato i respiro mettendomi alternativamente in acqua fredda e acqua calda. Ho respirato poco e in ritardo e hanno detto alla mia mamma di non prendersela troppo perché ei era giovane e sarebbe sicuramente riuscita ad avere altri figli: io probabilmente non sarei arrivata a sera.
La mia mamma allora ha cominciato a recitare il rosario con un pensiero forse non troppo “razionale ” secondo molti che, finché lei fosse riuscita a ripeterlo io non sarei morta. È andata avanti una decina dopo l’altra, e poi ancora e poi ancora e poi ancora, poi la stanchezza l’ha vinta e lei è crollata, per poi essere svegliata dal mio pianto.
Per tutta la vita fabbrichiamo ossitocina quando sentiamo la voce di nostra madre.
Quando nostra madre muore sappiamo che non c’è più nessuno su pianeta cui interesserà se abbiamo messo la maglia di lana.
Anche quando hai terminato da tempo l’età dell’infanzia, anche se sei amministratore delegato o presidente di qualche cosa di grosso, la tua mamma ti insegue per chiederti se ti sei messo la maglietta di lana.
La maglia di lana è un mitico capo di vestiario che preserva da tutti i mali, dallo scorbuto alla borsite dell’alluce , perché in realtà preserva dal Male in quanto fonde la potenza mistica della cotta di mitril di Bilbo Baggins e quella degli scapolari di San Francesco.
Quindi la giornata di ieri, quella di oggi e anche quella di domani , e perché no quella dopo la dedichiamo alle nostre madri.
A tutte le nostre madri,
imperfette, rabbiose, insopportabili,
magnifiche,
per tutto l’amore che ci hanno dato,
e per quello che non ci hanno dato,
quando erano troppo stanche e troppo disperate per darcelo.
(Dedica dall’Ultimo orco).
E visto che ci siamo lo dedichiamo a tutte, proprio a tutte, anche alle madri cosiddette surrogate, il più immondo arbitrio sulle donne povere, con il voto che trovino il coraggio e la forza per mandare tutti all’inferno, per ribellarsi a questa oscena e terrificante forma di schiavismo, la più atroce dall’inizio di tutti i tempi.
I neonati strappati alle loro madri, o se preferite alla proprietaria dell’utero in cui sono stati 9 mesi e di cui hanno condiviso i neurotrasmettitori nel periodo in cui la neurogenesi è al massimo della sua potenza, subiscono un danno epigenetico, un’attivazione permanente dell’asse ipotalamo ipofisi corticossurrene il che aumenta la loro suscettibilità di cancro e malattie autoimmuni.
A tutti quelli che faranno osservare che questi bambini esistono e che è grazie alla maternità surrogata ( la maternità non può mai essere surrogata, porca miseria, il caffè e la panna possono essere surrogati, non la maternità) che esistono rispondo che anche i bambini nati da stupro esistono e che senza lo stupro non esisterebbero.
I bambini nati da stupro , se non ricordo male devo aver dedicato a uno di loro un paio di libri, possono essere splendidi, anche se spesso con scompensi gravi sull’identità, e la loro vita è preziosa, questo non beatifica lo stupro, nè lo giustifica, nè lo rende tollerabile.
La verità vi renderà liberi, così ha detto Gesù Cristo.
La verità vi renderà liberi, non il politicamente corretto che è la più totalitaria forma di menzogna imposta.