Chi non muore si rivede.

Chi invece muore non si rivede più e abbiamo risparmiato un posto letto e 400 euro al giorno. In una sanità allo sfascio l’eutanasia è una geniale soluzione. I miei complimenti alla regione Toscana per aver quadrato il cerchio. Ai bei tempi del Granducato, la Toscana era stata la prima nazione ad aver abolito la pena di morte, ma nel frattempo il Granduca è defunto e ora la Toscana con una norma grandiosamente anticostituzionale ripristina il diritto alla morte purché bellina: eutanasia vuol dire bella morte. Per avere una TAC o una gastroscopia ci vanno almeno sei mesi, ma per la buona morte bastano 30 giorni. Giustamente perché una TAC e una gastroscopia costano, mentre ogni paziente defunto vuoi dire il risparmio di un posto letto e di 400 € giorno. “Chiunque abbia la volontà di voler porre fine alle sue sofferenze dovrebbe avere il diritto di farlo”. Detto così suona logico, in realtà ci sono tre parole della frase che sono tre trappole mortali. Nel senso letterale del gtermine. Una è la parola sofferenza, l’altra è la parola volontà e l’ultima è la parola diritto. Sofferenza e dolore non sono sinonimi, il dolore è una sensazione fisica, mediata dai fasci spinotalamocorticale, e su cui si può intervenire, sempre, esiste una terapia del dolore ogni anno più completa e complessa. La sofferenza è invece mentale: la sofferenza per essere malati, o ciechi o menomati. La sofferenza può spingere a desiderare di morire anche una persona senza menomazioni fisiche. Le persone amate, che amano e che credono in Dio (la fede è un amore ricambiato) tollerano meglio il dolore e possono risolvere la sofferenza. È un’informazione biochimica: amando, sentendosi amati e pregando si fabbricano endorfine che oltre che potenziare il sistema immunitario, leniscono sia sofferenza sia il dolore, come dimostrato dalle enormi statistiche dei neuropsichiatri Seligman e David Servain Shreber. L’ oncologo Enzo Soresi nel suo libro Il cervello anarchico riporta di aver personalmente osservato un fenomeno ben conosciuto: gli effetti benefici sul dolore della preghiera a distanza. Se non senti nessun amore forte su di te, se nessuno si batte per te, se non credi in Dio, la sofferenza può essere insopportabile. La parola sofferenza è una parola trappola perché dà l’impressione di qualcosa di stabile. La sofferenza può essere curata e lenita. O anche aumentata, dall’indifferenza, dal ricordarti che sei un peso. Curare e lenire la sofferenza è difficile, richiede tempo ed energia, un tempo infinito che non lascia spazio a niente altro, un’energia smisurata che solo una persona con un forte equilibrio può dare. Richiede competenze tecniche che non si improvvisano. I discorsi sulla “sofferenza inutile”, nell’ateismo la sofferenza è sempre inutile, i discorsi sulla “necessità logica” di evitarla sembrano logici, ma non c’è nessuna logica. Un malato deve essere consolato, non ucciso. L’altra parola trappola è la parola volontà. La volontà umana non è un monolite, ma un riflesso di luce sull’acqua, cambia di istante in istante, cambia a seconda di chi ci ha parlato come ben sanno i pubblicitari e gli esperti in propaganda politica. L’istinto di sopravvivenza è un istinto primario. Voler morire è sempre una scelta parziale, c’è sempre una parte di noi che urla “No, voglio vivere”, che cerca disperatamente qualcuno che ci consoli, che ci dica, “la tua vita è preziosa, anche così, tu sei prezioso”. Il paziente che dice “piuttosto che vivere così meglio morire”, in realtà sta cercando qualcuno che migliori la sua vita, non qualcuno che prenda la dichiarahzione alla lettera. Nel libro “Contro l’eutanasia”, l’oncologo Lucien Israel, non credente, racconta che nella sua esperienza pluridecennale di oncologo nessun paziente ha mai chiesto l’eutanasia. Nessun paziente la chiede se si sente amato, se sente che il medico tiene a lui. I mezzi attuali ci danno la capacità di contrastare il dolore. Finiti i discorsi aulici, dopo le parola autodeterminazione e libertà, ci sono i quattrini, l’infinito fiume di quattrini che si risparmieranno se le vite dei malati cronici verranno soppresse. È necessario un fiume di solidarietà umana e di umana simpatia per riempire di serenità anche le vite dei malati cronici, sono necessari specialisti, terapisti, insegnanti: una fiala endovena è molto più semplice e dannatamente più economica. La terza trappola è la parola diritto. Se qualcosa è un diritto vuol dire che non danneggia nessuno, quindi può diventare un dovere. Stesso discorso per l’aborto. Quando dichiarati diritti, aborto e eutanasia possono diventare obbligatori. In tutti i paesi dove il suicidio assistito è permesso, si è scivolati con simpatia e rapidità all’eutanasia del non consenziente, nel giro massimo di un decina di anni, come è ovvio che sia. Il libro “Il diritto di essere uccisi: verso la morte del diritto” a cura del Prof. Mauro Ronco lo spiega con chiarezza inoppugnabile “La dolorosa questione dell’eutanasia è uno degli ambiti nei quali chi giudica deve essere ben consapevole dei propri limiti, e deve essere capace di superare suggestioni condizionamenti emotivi e mediatici”. Noi siamo immersi in condizionamenti emotivi e mediatici, e tutta questa infernale macchina si muove su condizionamenti emotivi e mediatici, in un campo dove è necessario al contrario essere lucidi. L’eutanasia nazista ha aperto la porta al genocidio. La porta all’eutanasia è stata aperta dal suicidio assistito il suicidio assistito era propagandato da un filmetto, Io accuso, dove una donna malata di una forma iniziale di un Alzheimer pretendeva la morte e accusava lo stato che gliela negava. Ogni persona, per il mero fatto di essere tale, concorre al progresso materiale o spirituale della società. Nelle necropoli dell’età della pietra troviamo scheletri che denunciano patologie gravissime e croniche, e quindi la tenerezza infinita dell’accudimento. La ruota è probabilmente stata inventata dal padre di un figlio incapace di camminare. Una bella canzone appena presentata al festival di San Remo parla della tenerezza di un figlio verso una madre che ora deve essere accudita. Dove le persone fragili e deboli sono soppresse, la civiltà si ferma. Una volta saltata la diga della sacralità della vita, tutto può essere travolto. La ricerca medica si fermerà. Perché curare le demenze, le paralisi, la cecità? L’ Alzheimer è una patologia plurifattoriale che può essere prevenuta, e non è priva di possibilità di cura. Una volta sdoganata l’eutanasia, perché curarla? Ogni vita umana, in altre parole, è una risorsa “preziosa e imperdibile” per l’intera umanità. La dignità è intrinseca a ogni essere umano, e non viene scalfitta se non siamo in grado di andare in bagno da soli. La qualità della vita è un concetto che non tiene conto della capacità principe della creatura umana: l’adattabilità. All’interno di un corpo malato la mente e l’anima si adattano in nuovi equilibri, che sono incomprensibili a chi guarda da fuori, rinchiuso nel proprio pregiudizio che nessuna gioia sia possibile. Nessuno si faccia illusioni: una volta abbattuta la sacralità della vita, la strada è in discesa. Curare è più complesso e più caro che accompagnare gentilmente alla morte, con personale sorridente in stanze deliziosamente a tinte pastello. E l’uomo che impedisce a una suicida il suo gesto abbracciandola, sarà condannato per intralcio all’autodeterminazione. Il mio spassionato consiglio è: fate un testamento biologico (DAT disposizioni anticipate di trattamento), dichiaratevi contrari all’eutanasia e indicate come tutore, qualora ce ne fosse bisogno, di un medico solidamente integralista cattolico. Il medico va bene anche se è stato radiato. Potete fare il mio nome. Anche perché c’è il piccolo particolare che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio e resta lo specchio di Dio anche quando è sfigurato dalla malattia e dalla demenza, e che la Legge ha detto di non uccidere, senza far eccezioni per malati e fragili, sterminati ai tempi di Hitler per il bene dello Stato e ora per il loro best interest, il loro migliore interesse, anche quando non consenzienti. L’omicidio volontario anche di un malato e anche di un bimbo prima della nascita è un peccato che grida vendetta a Dio, come la sodomia. I diritti dei progressisti attuali quindi non sono più il diritto a un salario decente, ma il diritto di maledire le leggi di Dio e sfidare la Sua ira. L’ateismo ipotizza che Dio non esista. Come ha scritto Pascal se vi siete sbagliati i vostri diritti sono la vostra dannazione. Nel frattempo sono anche la nostra dannazione, una dannazione fatta dell’ orgoglio di avere e trasmettere malattie sessualmente trasmissibili, fatta di feti abortiti e malati abbandonati, tanto c’è l’eutanasia.