Il Corano non ha storie
Le differenze tra la Bibbia e il Vangelo da una parte e il Corano dall’altra sono enormi. La prima differenza è la violenza. I versi violenti del Corano, molto più corto della Bibbia, sono 10 volte più numerosi che nella Bibbia. Nella Bibbia la violenza è contestualizzata a quel singolo evento storico: uccidete gli assiri. Nel Corano la violenza non è contestualizzata e quindi valida anche i tempi attuali: uccidere gli infedeli . Noi non siamo assiri e siamo infedeli. Riguarda noi. Importante anche è la localizzazione temporale: la Bibbia è molto più violenta nelle sue parti più antiche, che però sono invalidate dalle successive. Anche nel Corano le Sure più antiche sono invalidate dalle più recenti, peccato che sulle più antiche siano quelle meccali, molto più tolleranti, mentre quelle recenti sono quelle di Medina, violentissime. Il Corano attualmente è ordinato secondo la lunghezza delle Sure, non secondo l’ordine cronologico, ma gli studiosi del Corano conoscono la disposizione temporale corretta. Oltre a questo, le altre differenze riguardano Dio e riguardano l’uomo. Nella Bibbia Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza. Riconosce quindi alla sua creatura un enorme valore. L’uomo perde la sua perfezione con il peccato originale, ma conferma la sua dignità. La Bibbia è una storia di uomini e di donne. Non sono tutti stinchi di santo. Sono uomini che peccano e peccano in maniera grave. Re Davide fa mandare verso morte certa il soldato fedele per avere sua moglie. Abramo manderebbe a morte nel deserto la schiava e il suo bambino, che ormai non gli sono più utili per la sua discendenza. Sono uomini. Conosciamo loro storie. Noè costituisce l’arca per preservare la vita, così che possa ricominciare dopo la distruzione. Mosè spalanca le acque mentre porta verso la libertà un popolo prigioniero. Ester seduce un re per salvare il suo popolo, Giuditta per salvare il suo popolo decapita un re. Sono storie di violenza, di passione, di amore, di incredibile arbitrio e di incredibile generosità. La Bibbia è piena di sensualità. Nel Cantico dei cantici abbiamo la sensazione addirittura dell’amore carnale. Nel Vangelo abbiamo il sapore del vino in cui Cristo ha trasformato l’acqua a Cana. Abbiamo la fragranza del pane. Abbiamo la tenerezza di una madre che tiene in braccio il suo bambino, diventando l’archetipo del contatto tra madre e figlio, il contatto dei loro occhi, il contatto della loro pelle. Ognuno sente odore dell’altro. I fratelli vendono Giuseppe, dopo aver pensato di ucciderlo: noi sentiamo la sua disperazione mentre solo, sul fondo della cisterna dove lo hanno rinchiuso, aspetta di essere venduto. Giacobbe compra la primogenitura da Esau, la compra per un piatto di lenticchie. Possiamo sentire il profumo di quelle lenticchie. Il Vangelo è la storia della vita di Cristo. E anche intriso di innumerevoli storie, miracoli e parabole. Possiamo vedere le piaghe dei lebbrosi che si risanano. La parabola del buon samaritano come quella dei talenti sono comunque anche magnifiche storie. Il dolore inflitto al corpo di Cristo è talmente violento che arriva fino a noi. Innumerevoli volte udiamo nella Bibbia e nei Vangeli la voce del Signore degli Eserciti. Suo Figlio ci parla addirittura con la voce di un uomo. Nel Corano Allah è dietro una parete nera e impenetrabile. Non si sa chi sia, non si sa come sia. Gli uomini nel Corano hanno lo spessore intellettuale ed emotivo della marionetta. Se combattono con Maometto sono buoni se combattono contro Maometto sono cattivi, ma restano figurine bidimensionali. Non ci sono miracoli nel Corano: la montagna è rimasta dov’era. Nonostante queste mancanze clamorose, l’Islam nasce come teocrazia compatta assolutamente funzionale in epoca medievale. Ebbe un successo strepitoso. Incluse dentro la propria la cultura delle regioni che stava occupando. Attorno all’anno mille la civiltà islamica sembra alla pari con quella giudaico cristiana, travolta da una serie infinita di guerre intestine. Alla base dell’Islam però c’è una mancanza di storie. Il Corano non contiene storie. Inoltre le storie, come ci hanno ricordato i talebani e le corti somale, sono vietate perché sono menzogna. L’unica narrazione importante nel mondo islamico è la raccolta di novelle Le Mille e una notte che è però di origine indiana e nella versione originale la cornice è meno feroce: un servo racconta novelle alla padrona perché non tradisca il marito. Nella versione islamica una moglie racconta novelle per non essere ammazzata. Tra l’altro la raccolta per circa un terzo è stata rimaneggiata il mondo cristiano. Il teatro è vietato perché menzogna. Questo il motivo per cui non esiste uno Shakespeare islamico. La musica è vietata, come anche ci ricordavano le corti somale e talebani. Moltissimi islamici ascoltano la musica, certo esattamente come moltissimi cattolici non vanno a messa. La musica però nell’Islam dovrebbe essere riservata al paradiso. Questo è anche il motivo per cui spesso genitori di bambini islamici pretendono che i loro figli siano esonerati dall’ ora di musica. Questo il motivo per cui non esiste un Beethoven islamico. Non si può rappresentare la figura umana. C’è un enorme perdita di molte creatività che vengono soppresse sul nascere. E poi che la creatività per eccellenza: la filologia, l’analisi dei testi, i testi sacri, certo, e poi tutti gli altri, i poemi epici, le tragedie, le novelle. Dove c’è pensiero filologico c’è pensiero filosofico. Dove c’è pensiero filosofico c’è pensiero scientifico, tecnologico ed economico. Dove non c’è pensiero filologico non c’è nulla. La filologia è permessa fino al XII secolo, dopo abbiamo la chiusura della mente musulmana, come spiega il saggista Robert R. Reilly nel libro The closing of muslim mind – How the intellectual suicide created the modern islamist crisis . Tra il nono e il X secolo all’interno dell’Islam si è avuto un rifiuto del pensiero filosofico greco e l’affermazione che il Corano è increato, esiste da sempre. Il dibattito rimbalzò in tutte le terre dell’Islam, Damasco, Bagdad e Cordova, e vide opporsi da un lato quelli che potremmo definire liberali, i più famosi sono Avicenna e Averroè, dall’altro i tradizionalisti: il Corano è emanazione di Dio, non può essere interpretato, argomentato, commentato. Può essere solo imparato a memoria. Come ricorda Hans Magnus Enzensberger nel suo saggio Il perdente radicale, un’ulteriore distacco tra il mondo islamico e quello giudaico cristiano si ebbe con l’invenzione della stampa, che moltiplicò il numero dei libri è ne abbatté il costo. La stampa fu vietata nel mondo islamico, in quanto l’unico libro che ha valore è il Corano e non ne servono altri, ma non fu vietata ai non islamici, copti, armeni e ebrei che divennero rapidamente le élite culturali. È quindi necessario per noi fare immediatamente due riforme scolastiche. La prima introdurre la filosofia in tutti gli istituti superiori, inclusi gli istituti tecnici, tacitando in maniera cortese, ma molto ferma, tutti quelli che ci spiegano che tanto non serve a niente, meglio fare informatica e inglese. La seconda fondamentale riforma consiste nell’abolire le facoltative lezioni di religione, troppo spesso scuola di conformismo, pauperismo, terzomondismo, inclusione e climatologia per principianti. Al posto occorre istituire obbligatori corsi di testi religiosi, tenuti da normali insegnanti che hanno vinto un concorso, dipendenti dal ministero dell’Istruzione e non dal vescovo, che non insegnano a essere buoni, ma studiano l’Antico e il Nuovo Testamento in maniera storica e letteraria. Ci credete? Bene. Non ci credete? È irrilevante. Non potete essere esonerati da sapere da quali libri costituiscono l’Antico Testamento, quali libri costituiscono il Nuovo, perché su questi libri si basa tutta la società cui apparteniamo. E poi sono bellissimi. Nessun libro fantasy ha raggiunto la potenza del mare che si apre davanti ai fuggiaschi. Nessun libro di poesia ha ormai raggiunto la bellezza dei primi versi della genesi: In principio Dio creò il cielo e la terra, la terra era informe e vuota, le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Nessun testo ha mai raggiunto la bellezza del discorso della montagna. «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.