LA VERITA’ HA SOLO AMICI
Il giorno 11 Febbraio 2013 alle ore 11,30, alla fine della cerimonia per la canonizzazione dei Martiri di Otranto, Benedetto XVI lesse un testo che non era affatto in programma: la DECLARATIO.
Immediatamente la stampa di tutto il mondo, annuncio che “Benedetto aveva rinunciato al Papato” e che avrebbe abbandonato la sede il 28 dello stesso mese.
Tutto parti’ da un twitter della giornalista romana Giovanna Chirri. Iniziamo subito col dire che le parole” Dimissioni” e “Pontificato” non erano contenute nella Declaratio letta del Papa. Dunque il messaggio della Chirri (autorizzato da p. Lombardi, il portavoce della sala stampa Vaticana) in primis ne altera il significato originario. Ma c’e’ molto di piu’ da dire.
La potesta’ pontificia e’ costituita da due elementi che sono tra loro collegati ma ben distinti: Il MUNUS, (titolo o investitura pontificia, d’origine divina) ed il MINISTERIUM (l’esercizio pratico del MUNUS suddetto).
Ora il Codice di Diritto Canonico, al canone 332, 2 dice che per rinunciare validamente al suo ufficio, il Pontefice regnante deve apertamente rinunciare al MUNUS (l’investitutra ricevuta da Dio) e non gia’ al MINISTERIUM (il concreto esercizio del MUNUS suddetto). Facendo un esempio un po’ pedestre, IL MUNUS potrebbe essere equiparato al fatto di essere titolare della patente di guida mentre il MINISTERIUM sarebbe il fatto di usare concretamente un’autovettura. Si dice infatti nel Codice suddetto: “Romanus Pontifex muneri suo renuntiet”. E’ al MUNUS che il Pontefice per abdicare deve esplicitamente rinunciare e non certo al MINISTERIUM. E qui dobbiamo gia’ inevitabilmente iniziare a porci delle domande.
- Benedetto XVI e’ notoriamente un Latinista di vaglia: come fa una persona cosi’ colta a non conoscere la differenza tra MUNUS e MINISTERIUM?
- Benedetto ha esplicitamente dichiarato in un intervista al Corriere della Sera di essersi espresso in Latino proprio perche’ temeva di commettere errori in Italiano (lingua che peraltro egli conosce perfettamente). Eppure si sono contati non meno di 40 tra errori ed imperfezioni stilistiche nella Declaratio, subito rilevate da prestigiosi Latinisti Italiani e Stranieri. Forse che gli errori sono voluti? Vista la cultura di Benedetto XVI, non puo’ che essere cosi’.
- Se, infine, davvero Benedetto ignorava cosa avrebbe comportato il non rinunciare al MUNUS, perche’ allora rinuncio’ al solo MINISTERIUM? Anche questa fu una cosa voluta?
Della Declaratio furono fatte 6 traduzioni in 6 lingue diverse ed in nessuna di esse si accenna al MUNUS ma solo al MINISTERIUM. Cosi’, praticamente tutto il mondo venne a sapere che Benedetto XVI aveva dato le dimissioni perche’ era troppo vecchio per il MINISTERO e dunque rinunciava al MINISTERO SUDDETTO. La Chirri (che probabilmente non doveva avere una conoscenza eccelsa del Latino ma forse, a ben vedere, non solo lei) annunzio’ questo messaggio e padre Lombardi accetto’ questa versione.
A tutti e sei i traduttori evidentemente fu detto di prendere come traccia il testo della Chirri. Ma chiunque sa (o dovrebbe sapere) che nella Chiesa fa testo la lingua Latina e non quella Italiana o altre perche’ la traduzioni vernacolari non fanno testo. E’ infatti la versione Latina della DECLARATIO che avrebbe dovuto costituire la base di ogni altra traduzione e quella bisognava acquisire (non quella della Chirri) per comunicare quanto avvenuto. Solo nella versione Latina si coglie infatti la sfumatura tra MUNUS e MINISTERIUM ed anche il duplice significato del verbo VACARE. Stranamente pero’ la versione Latina scompare immediatamente dal flusso mediatico. Chiunque avesse voluto controllare il testo Latino, avrebbe certo potuto notare la presenza dei due termini MUNUS e MINISTERIUM e avrebbe potuto capire che ognuno dei due ha un significato diverso, specifico ed inalterabile che le lingue vernacolari non rendono appieno. Essi dunque non sono affatto sinomimici come ci vogliono far credere.
Una traduzione veritiera, in pratica, avrebbe dovuto recitare cosi’: “Sono troppo vecchio per il MUNUS (cosa che effettivamente Benedetto ha detto) e dunque rinuncio non al MINISTERIUM (cioe’ al suo concreto esercizio) ma al MUNUS”.
Il Can. 332, 2 , come abbiamo visto, e’ dello stesso tenore perche’ e’ appunto al MUNUS che il PAPA deve rinunciare e non al MINISTERIUM come lui invece ha fatto. Dunque Papa Benedetto XVI nel 2013 non ha validamente rinunciato al Pontificato, non ha mai lasciato la sede vacante ma impedita e si e’ rifugiato in uno status giuridico canonico in cui il Papa resta Papa ma e’ un prigioniero. Cionondimeno in tale veste egli mantiene il MUNUS Petrino (e tutto cio’ che questo comporta: infallibilita’ nei pronunciamenti definitivi, l’assistenza dello Spirito Santo nell’insegnamento del Magistero in materia di morale e di dogmi) e conseguentemente e’ ancora Pontefice.
Perche’ ha fatto tutto questo? Perche’ dobbiamo ritenere che la Declatatio fosse l’unico strumento rimastogli per annunciare di essere in sede impedita (Cann. 335 e 412) che si ha quando il Papa e’ “prigioniero, confinato, esiliato, reso inabile e non e’ neanche reso in grado di comunicare nemmeno per lettera”. In questo caso il Papa e’ come un Re detronizzato che rimane comunque Re anche se di fatto non puo’ gestire il suo regno. Questa e’ la situazione che si crea (e noi crediamo che si sia effettivamente venuta a creare a Roma nel 2013) con la sede impedita.
La sede apostolica quindi per legge puo’ essere solo o vacante o impedita. L’ipotesi normale e’ ovviamente la sede vacante (Can. 416 ) che si ha quando il Papa regnante o e’ deceduto o ha validamente rinunziato (e non pare che sia affatto questo il caso). Ma dal Febbraio 2013 Benedetto non poteva piu’ esercitare il suo MINISTERIUM cioe’ l’esercizio pratico del potere e dunque dal Febbraio 2013 egli si trova in uno stato di sede impedita, perche’ prigioniero. Percio’ il Papa a tutti gli effetti resta Benedetto anche se menomato del suo potere pratico proprio perche’ non puo’ esercitare il suo ufficio.
Benedetto XVI in pratica, si e’ autoesiliato ed ha consapevolmente applicato in silenzio e discretamente, un piano anti-insurrezionale concepito sin dal 1983 con Giovanni Paolo II e che si incentra appunto sulla distinzione tra MUNUS e MINISTERIUM (sino a quel momento sconosciuta al Codice di diritto Canonico). Si tratta di un escamotage giuridico per tutelare la legittimita’della Chiesa di Pietro ed annullare quella parte di Chiesa Cattolica che nulla a che fare con il Cattolicesimo.
Perche’ lo ha fatto? Nell’inverno del 2012-2013 la situazione era per lui divenuta insosteninbile. C’era infatti all’epoca un’incredibile pressione mediatica tesa ad attribuire ingiustamente a Benedetto XVI responsabilita’ penali per aver coperto casi di pedofilia. Non solo ma si assisteva ad una progressiva forte erosione del potere temporale del Pontefice per quanto riguarda la gestione della Santa Sede e specialmente dello IOR.
La Declaratio era allora l’unico strumento (criptico, discreto ma efficace) per disattivare dall’interno ed in modo intelligente il colpo di stato a lungo preparato dalla cd. Mafia di San Gallo. In pratica, in modo molto intelligente, Benedetto XVI sta dicendo in modo criptico da nove anni: “Il legittimo Pontefice sono ancora Io ma sono prigioniero”.
Dunque la Sede Apostolica non e’ stata resa Vacante ma piu’ semplicemente vuota, deserta, libera. “VACO in Latino non vuol dire solo essere vacante ma anche essere vuoto. Ecco perche’ Benedetto XVI ha detto nella Declaratio che “alle ore 20 del 28 Febbraio la Sede di Roma VACET”: non nel senso che sara’ resa vacante giuridicamente parlando ma nel senso letterale che sara’ vuota perche’ sgombra, libera perche’ non ci sara’ nessuno e cioe’ non ci sara’ colui che ci dovrebbe legittimamente essere.
Nella Declaratio Benedetto usa il termine “Sede di Pietro” che giuridicamente non vuol dire nulla perche’ il termine corretto e’ “SEDE APOSTOLICA”. Questa, giuridicamente parlando in teoria puo’ essere soltanto o vacante o Impedita, non certo vuota che e’ un altro termine atecnico. Perche’ Benedetto si e’ espresso cosi’? Il Papa non deve forse usare termini appropriati? Perche’ evidentemente vuol farci capire che non ricorrono le condizioni della sede vacante in quanto lui non ha validamente rinunziato visto si e’ limitato ad allontanarsi dalla sede che lui ha volutamente lasciato vuota. Sede Apostolica di cui qualcuno si e’ poi illegittimamente appropriato e dunque la Sede Apostolica e’ di fatto impedita. Questo poi spiega anche perche’ non possa esprimersi liberamente proprio perche’ di fatto e’ un prigioniero impossibilitato ad esercitare il suo potere e quindi anche a esprimersi liberamente.
La Declaratio di Papa Ratzinger allora non e’affatto una rinuncia al Papato (perche’ di fatto Benedetto non ha rinunziato al suo ufficio ed infatti il documento da lui letto si chiama Declaratio (e non Renuntiatio come invece e’ richiesto dalla Costituzione Apostolica “Universi Dominici Gregis”) ma e’ invece un annuncio di sede impedita perche’ Benedetto XVI di fatto e’ stato vittima di un ammutinamento interno alla Chiesa e di un ostracismo completo. Ha emesso un documento che poteva sembrare una rinuncia mentre invece e’ una dichiarazione di sede impedita. Il Papa Benedetto insomma non riusciva piu’ ad esercitare il suo ministero e si e’dunque ritirato in sede impedita in perfetta coerenza con il Diritto Canonico, lasciando la sede apostolica vuota. Infatti il Can 335 del codice ci da’, come gia’ detto, infatti due sole opzioni: la Sede Apostolica puo’ essere lasciata o vacante (quando il pontefice in carica o rinuncia validamente al MUNUS o muore) oppure appunto impedita (quando il pontefice non puo’ esercitare il suo MINISTERIUM perche’ di fatto e’ prigioniero). Se dunque un Pontefice rinuncia (come previsto) al MUNUS, ne consegue l’abdicazione mentre se egli rinuncia al MINISTERIUM si ha la sede impedita. Se dunque, come e’ accaduto, si convoca un conclave a Pontefice non morto o non legittimamente abdicatario, non solo il conclave e’ nullo ma, anche, si produce purtroppo un anti Papa, un successore illegittimo (ed e’ quello che effettivamente e’ successo nel 2013 come invalide sono tutte le sue nomine e decisioni).
Con questo intelligente meccanismo di difesa giuridica ed escatologica che scompone l’incarico papale tra titolo e funzione, Benedetto XVI ha di fatto costretto i cardinali infedeli a venire allo scoperto e ad rovinarsi da soli cosa che avverra’quando la sede impedita sara’officializzata. Questo concretamente potra’ avvenire o con un sinodo provinciale oppure quando Benedetto rivelera’ ufficialmente il suo stato di prigionia.
C’e’ poi un altro interessante passaggio della Declaratio che conferma la visione d’insieme e costituisce in se’ un raffinato enigma. Nel sito della Santa Sede esso e’ tradotto cosi’: “Dichiaro che deve essere convocato un Conclave da parte da coloro cui compete per eleggere il nuovo Pontefice”.
Ora,questa traduzione, solo apparentemente corretta, presenta invece due serie difficolta’:
- A convocare il Conclave e’ solo il Decano del Collegio Cardinalizio e non il Collegio dei Cardinali (n 19 di Universi Dominici Gregis). Pertanto in questo caso non ha senso usare il plurale “ab iis” ma solo il singolare “ab eo”. Dunque l’uso del complemento d’agente “ab iis” qui stona ed appare inspiegabile se non inquadrato, seguendo la logica, in ben altra ottica.
- Sempre questo complemento d’agente “ab iis”, riferito ad una perifrastica passiva (Convocandum esse) non dovrebbe essere formulato in questa forma perche’ per esprimere questo concetto bisognerebbe invece usare il dativo semplice (“ei”). Ma cosi’ non e’ stato visto che Benedetto XVI ha volutamente usato “ab iis” rendendo la frase latina grammaticalmente scorretta, a meno che non si riferisca ad altro. C’e’ infatti a ben vedere un’ altra espressione verbale cui “ab iis” ben puo’ essere grammaticalmente riferita ed e’ “eligendum” e questo cambia tutto. Se noi riformuliamo la struttura sintattica del periodo, ne esce fuori infatti questa ulteriore traduzione: “Dichiaro che deve essere convocato un Conclave per eleggere un nuovo Sommo Pontefice da parte di coloro cui compete farlo”. Cioe’in conclusione cio’ di cui si dice che compete a qualcuno non e’ allora la convocazione del Conclave ma l’elezione del Pontefice. In altre parole, in questo modo Benedetto XVI starebbe individuando all’interno del Collegio Cardinalizio un sottogruppo di Cardinali al quale soltanto competono la facolta’ ed il diritto (sulla base delle norme della Chiesa) di eleggere il nuovo Pontefice. Ci sono forse allora dei Cardinali che non hanno la facolta’ ed il diritto di eleggere il Pontefice? Alludere a questo punto ai Cardinali ultraottantenni e’ certo pleonastico perche’ gia’ tutti lo sanno. Allora a chi altro si riferisce Benedetto XVI? Logicamente all’unica opzione rimasta: a tutti quei Cardinali nominati da lui o da Giovanni Paolo II che, non contravvenendo al disposto di Universi Dominici Gregis n 81, non abbiano preso, prima della elezione, accordi o impegni a favore di un determinato candidato (cosa che e’ pure colpita dalla Scomunica Latae Sententiae). Non e’ a questo punto difficile vedere un riferimento alla cd “mafia di San Gallo” della cui esistenza ed operato Benedetto XVI era perfettamente a conoscenza. Dunque il messaggio che scaturisce dalla traduzione cosi’ corretta vuol dire che potranno eleggere il Pontefice solo i cardinali che soddisfano due requisiti:
1) Non essere stati nominati dal Pontefice illegittimo perche’ elevati alla porpora cardinalizia prima del 28 Febbraio 2013;
2) Non essere colpiti da scomunica ai sensi di Universi Dominici Gregis n 81 (e sono coloro che si riunirono a San Gallo)
Benedetto XVI in pratica ci sta dicendo che:
- Solo coloro che sono in possesso di questi requisiti (cioe’ i soli cardinali elevati alla porpora cardinalizia o da lui o da Giovanni Paolo II) potevano e possono eleggere il nuovo Pontefice;
- Il Conclave del 2013 fu invalido perche’ il Papa Benedetto, come gia’ detto prima, non era ne’ morto ne’ validamente abdicatario;
- Al Conclave del 2013 parteciparono anche cardinali colpiti da scomunica latae sententiae;
- Al prossimo Conclave praticamente potranno partecipare solo i Cardinali nominati prima del 2013.
Ci sono pero’ altri, segnali, altri elementi che ci portano a ritenere che Benedetto XVI si ritenga ancora il Legittimo Pontefice:
- Continua a vestirsi di bianco eppure, se non e’ piu’ Papa, dovrebbe tornare a vestirsi di nero come ogni altro cardinale;
- Continua a firmare le sue lettere con l’acronimo BP (Benedictus Pontifex) come se fosse ancora il Pontefice regnante;
- Nella sua corrispondenza privata, fa uso di carta da lettera munita dello stemma di papa Regnante;
- Usa ancora il titolo Pater Patrum che spetta solo al Ponteficie Regnante;
- Ha deciso di continuare a risiedere in Vaticano;
- Ha sempre continuato ad esercitare il Magistero, anche correggendo Bergoglio;
- Afferma che c’e’ un solo Pontefice ma non dice mai chi egli sia dei due. Massimo Franco, direttore del Corriere della Sera, dice scorrettamente che Benedetto ha in realta’ completato la frase indicando come vero Papa Francesco ma questo non e’ affatto vero: Benedetto si e’ limitato piu’ volte solo a dire “che il Papa e’ uno”.
Non solo: Il Pontefice “impedito” in nove anni ha disseminato le sue lettere, le sue dichiarazioni, le sue esternazioni, con un linguaggio velato e coltissimo, ricco di tante altre espressioni ambigue sempre passibili di doppie interpretazioni, veri e propri messaggi cifrati per comunicare il suo reale pensiero. Gesu’ parlava per parabole ed anfibologie e proprio cosi’ fa Benedetto XVI col suo stile peculiare comunicativo. Benedetto insomma parla per chi ha orecchie per intendere per chi ha un po’ di cultura e di logica: svela la verita’ e fa capire la sua condizione di prigioniero utilizzando un linguaggio da caccia al tesoro. Eccone due evidenti esempi:
- Georg Gaenswein, segretario di Benedetto XVI, e’ intervenuto alla presentazione di un libro presso la L.U.M.S.A. (Libera Universita’ Maria Assunta) e ha riferito le parole di Papa Benedetto: “Potete credere o non credere. La risposta e’ nel libro di Geremia ma Io non vi dico ne’ il capitolo ne’ il versetto”. E, guarda caso in Geremia 36,5 si legge: “Quindi Geremia ordino’ a Baruch: Io sono impedito e non posso entrare nella casa del Signore”. Il che non merita ulteriori commenti.
- Sempre nella stessa occasione, lo stesso Mons. Gaenswein ha detto: “Prima di venire qui ho pregato con Papa Benedetto come ogni sacerdote Cattolico fa i vespri.” C’e’qui un’interruzione del flusso sinttattico tramite l’inclusione di una strana subordinata modale (“come fa ogni sacerdote Cattolico”) tra il predicato (“ho pregato”) ed il suo complemento oggetto (“i vespri”). E’ un’espressione apparentemente chiara, anodina che pero’ presenta un doppio senso. Un’ attenta analisi della frase (che guarda caso si presta a due interpretazioni) infatti ci fa ancora una volta cogliere non tanto una lapalissiana, scontata e banale verita’ e cioe’ che ogni sacerdote della Chiesa Cattolica preghi i vespri (come certo a prima vista potrebbe superficialmente sembrare) ma quanto il fatto che li preghi in unione con Papa Benedetto. Dunque il significato della frase diventa questo: “Ho pregato i vespri con Papa Benedetto come fa ogni sacerdote Cattolico”. Poiche’pero’ non e’ possibile che ogni sacerdote Cattolico preghi i vespri in compagnia di Papa Benedetto, e’ evidente che qui si allude all’essere in comunione con Papa Benedetto. Non a caso l’Eucaristia e l’ufficio divino sono celebrati in comunione con il Papa Regnante e dunque questo e’ un altro modo per affermare che Benedetto XVI e’ il Papa regnante.
.Connesso a questa tematica, c’e’ poi infatti il problema della Celebrazione della Messa Una Cum. In nome di quale Papa Benedetto XVI celebra Messa? Mons Gaenswein ha fatto sapere per lettera e per telefono che Benedetto “nella messa non ha mai menzionato nessun altro nome e non ha mai nominato se stesso”.
Lo ha fatto sinora in due occasioni:
- Quando padre Gebart, un sacerdote apertamente “Bergogliano”, gli ha telefonicamente chiesto in unione con chi Benedetto celebrasse messa, Mons. Gaenswein ha risposto: “ Papa Benedetto non ha mai menzionato nessun altro nome nel canone della Messa. Non ha mai nominato se stesso nel canone”.
- Quando ha inviato apposita lettera a Don Minutella. Don Minutella, il sacerdote siciliano scomunicato nell’Agosto del 2018, aveva ricevuto una lettera falsa a nome di Mons. Gaenswein in cui appunto si diceva che Papa Benedetto celebrava in comunione con Papa Francesco. Il segretario di Bendetto XVI smenti’ di averla mai inviata e scrisse testualmente: “La lettera e’ un falso ed una pura menzogna” e dunque conseguentemente anche il contenuto della lettera e’ palesemente falso. Se allora e’ falso che Benedetto celebri in unione con Francesco, allora non puo’ che celebrare con se stesso.
Chi infatti conosce un minimo il Messale Romano e non si limita alla prima apparenza, intuisce subito dove Gaenswein voglia arrivare.
Se Benedetto non cita ne’ il nome di Francesco ne’ il suo, questo vuol dire semplicemente che quando celebra messa, celebra la messa in comunione con se stesso e dunque proprio per questo non menziona mai il suo nome. Ma cio’ lo puo’ fare solo il Pontefice regnante: egli solo in quanto tale non menziona alcun nome quando appunto usa l’espressione “In unione con me indegno tuo servo”. Ed ecco dunque un ulteriore modo per ribadire che lui (e non Francesco) e’ il Papa.
Anche i suoi silenzi peraltro sono spesso molto eloquenti: non ha avuto nulla da osservare al libro “Codice Ratzinger” di Andrea Cionci di cui gli e’ stato fatto omaggio dall’autore. Il non detto, In Benedetto, esprime esattamente tanto quanto il detto (dum tacet, clamat).
E’ chiaro che tutto quanto sopra risponde ad una logica ben precisa.
Cosa fare a questo punto? Elementi dell’alto clero (come per esempio Mons. Carlo Maria Vigano’) dovrebbero (e ben potrebbero farlo) convocare un Sinodo Provinciale per verificare la validita’ della Declaratio e pronunciarsi sulla sede impedita del Vescovo di Roma.
Non sono affatto queste futili disquisizioni: c’e’ in gioco il destino di 1 miliardo e 285 milioni di Cattolici alla merce’ di un potentato mondialista che ha imposto loro un capo di sua scelta. Non assistiamo infatti oggi solo all’evaporazione del Cristianesimo svuotandolo dall’interno per lasciarne al suo posto qualcosa di diluito, ammorbidito e facimente manipolabile: stiamo assistendo ad un vero proprio rovesciamento dei postulati del Cattolicesimo, attuato cambiando le basi della fede per seguire le logiche del mondo.
C’e’ una convergenza inconfessabile quanto preoccupante tra la societa’ dei costumi, di per se’ dissacrante e profanante e la Chiesa di Bergoglio che, invece di resistere a queste tendenze, le asseconda e procede nella stessa direzione liberal progressista che dimentica il trascendente per l’immanente. La Chiesa che dovrebbe resistere alla civilta’ dei mercati coniugata alla dittatura del relativismo, si e’ invece piegata ad essi. Attualmente abbiamo oggi due Chiese: una fedele a Dio e alla trascendenza ed una liberal- progressista chiusa all’eterno che si e’ piegata al mondo ed alle sue logiche immanenti che inoltre asseconda.
In una prospettiva escatologica e seguendo l’insegnamento del teologo del IV secolo Ticonio, si potrebbe dire allora, come fa Cionci, che la vera Chiesa si e’ ritirata per fare venire alla luce la Chiesa del diavolo. Infatti Benedetto XVI si e’ ritirato in sede impedita nel Monastero Mater Ecclesiae fatto costruire da Papa Giovanni Paolo II negli anni 90 per fare emergere il male e farlo distruggere. Questo rientra in un piano di salvezza della Chiesa Cattolica che risale a 30 anni fa e che ha una sua perfetta coerenza storica, giuridica, teologica e profetica.