Koestler e L’Amico ritrovato.
Koestler e L’Amico ritrovato.
Oggi sul quotidiano La Verità è stato pubblicato un mio articolo sul bel libro L’amico ritrovato. Citavo ovviamente il giudizio di Arthur Koestler.
Lo spiega lo scrittore Arthur Koestler in un bel saggio sul libro scritto nel 1976, prefazione all’edizione italiana: «Le mie ferite» scrive il protagonista Hans Schwarz «non si sono chiuse; pensare alla Germania è come strofinarci sopra del sale.» Eppure i suoi ricordi sono soffusi di struggimento per «le dolci, serene colline azzurrognole di Svevia, rivestite di vigneti e coronate di castelli», e per «la Foresta Nera, dove i boschi scuri, odorosi di funghi e delle lacrime di una resina color ambra, sono solcati da torrenti popolati di trote, con tante segherie sulle sponde». Eppure il sapore che indugia sulle nostre labbra dopo la lettura è la fragranza del vino locale, bevuto nelle osterie rivestite di legno scuro sulle rive del Neckar e del Reno. Non c’è nulla della furia di Wagner; è come se Mozart avesse riscritto Il crepuscolo degli dei. Si sono ormai pubblicate centinaia di ponderosi volumi sul tempo in cui i cadaveri erano fatti fondere per cavarne sapone e mantenere pulita la razza superiore; eppure io credo sinceramente che questo esile libretto troverà sugli scaffali un suo posto duraturo con una prosa tormentosa quanto lirica.
Per un errore della redazione sono saltate le virgolette sulle righe di Koestler e la citazione del suo nome, così che ci ha l’impressione che quelle righe le abbia scritte io.
Mi scuso per il plagio involontario.
Domani qui l’articolo completo