Vestiti
La comunicazione può essere verbale o non verbale. La comunicazione verbale, basata sul senso
delle parole pronunciate, è decodificata dall’emisfero di sinistra. Quella non verbale, decodificata
dall’emisfero di destra, include la mimica, il tono di voce, la gestualità, le situazioni collegate
(arrivare in orario o il ritardo, avere un ufficio, una scrivania, un negozio ordinati o disordinati, ), e
il vestiario. Il vestiario è comunicazione.
L’affermazione che non si giudicano le persone dai vestiti è quindi sbagliata. Il vestito è
comunicazione, e quindi causerà un giudizio. Noi dobbiamo essere coscienti di questo. Questo è
anche il motivo per cui sarebbe opportuno il silenzio nelle aule scolastiche, sia il silenzio delle
parole, sia il silenzio della comunicazione dovuta al vestiario, indossando solamente abiti molto
neutri o meglio ancora una sacrosanta uniforme, un magnifico grembiule, un ottimo camice.
A
scuola deve esserci silenzio, in tutti i sensi. Tra l’altro, imparare subito che il vestiario è
comunicazione eviterà errori madornali. Ogni popolo ha diritto alle sue linee di affiliazione al
gruppo e quelle linee devono essere ragionevolmente uniformi. Il vestiario è una di queste. Noi
siamo la società che ha la maggiore libertà per quanto riguarda il vestiario, e da un lato è molto
bello, dall’altro la libertà non consiste nel fare quello che si vuole, ma nel capire cosa si sta facendo
e nell’assumersene la responsabilità.
Le fotografie dei liceali maschi con la gonna potrebbe sembrare a una prima occhiata distratta una
semplice goliardata, più o meno insulsa, più o meno fastidiosa, un interrompere il silenzio
obbligatorio a scuola, esattamente come sarebbe una goliardata più o meno insulsa e più o meno
fastidiosa interrompere una lezione per alzarsi in piedi e cantare O sole mio. Si tratterebbe in tutti i
casi di qualcosa di fastidioso e insulso che viola la sacralità della scuola. Il senso di questa sacralità
dovrebbe sempre essere presente, perché le scuole sono costate lacrime e sangue, e molto di quello
che vi è insegnato è costato lacrime e sangue. Andare a scuola è un privilegio. Le ragazzine in
Afghanistan per andare a scuola hanno rischiato di essere uccise o di avere il viso bruciato con
l’acido. La scuola è stata proibita agli ebrei sotto il regime nazifascista, alle persone di origine
africana sotto i regimi schiavisti, nella Polonia occupata sono state vietate le università e i licei.
Andare al liceo è un privilegio, e non da poco, e non si può tollerare che venga sperperato. Ho avuto
la fortuna di frequentare l’università quando ormai la goliardia era clamorosamente defunta, perché
l’ avrei trovata fastidiosa e insulsa. Fastidiosa e insulsa, come d’obbligo per la goliardia, certo, ma
non intollerabile. Le gonne dei liceali maschi se fossero solo goliardia sarebbero insulse e
tollerabili. È nel momento in cui si leggono le “giustificazioni” della sottana indossata da liceali
maschi che tutto diventa francamente un’ intollerabile buffonata. È un’intollerabile buffonata che
degli studenti di liceo invece di esprimere i concetti con la parola ricorrano al vestiario. È
un’intollerabile buffonata la giustificazione che hanno dato che dimostra il loro gravissimo e
nauseante sessismo, il loro neanche tanto inconscio disprezzo per le donne. La sottana, la gonna, è
la stigmate di coloro che sono considerati superiori, quelli cui si cede il passo. Portano la gonna le
donne, i Papi e i sacerdoti, spesso i re. Davanti agli appartenerti a queste quattro categorie gli
uomini si sono inginocchiati, a loro hanno ceduto il passo. Cristo porta la tunica. Noi donne
portiamo la gonna perché siamo più sacre degli uomini, la nostra vita è più preziosa della loro e
infatti noi, insieme ai bambini, siamo salvate per prime nei naufraghi. Sul Titanic dove le scialuppe
erano insufficienti gli uomini sono rimasti a morire cedendo loro posto a coloro che portavano le
gonne. I maschi hanno i pantaloni perché devono lavorare, a meno che non siano Papi, re, sacerdoti,
imperatori. Tra le poche eccezioni portano la gonna gli scozzesi che con le loro gonne e le loro
cornamuse sono andati in battaglia e che dimostrano che per un uomo normale è assolutamente
normale portare la gonna se fa parte della sua tradizione familiare e storica. Nelle loro impalpabili
menti i maschioni con le gonne considerano le donne esseri inferiori, e infatti pensano che per loro,
esseri superiori, mettere il vestiario degli esseri inferiori sia una forma di simpatia nei confronti di
questi ultimi. Non si rendono neanche conto che stanno oltraggiando un segno di sacralità. La frase
sulla mascolinità tossica è di una tale idiozia che non è pensabile perdono. E non invocate la
giovane età: Giovanna d’Arco alla loro età aveva già liberato Orleans San Carlo Borromeo a 22
anni era cardinale. Questa frase di un’imbecillità gratuita insulta la magnificenza della virilità. La
virilità vuol dire protezione. Gli uomini usano la forza virile per impugnare la spada e proteggere le
donne e o bambini, per cedere loro le scialuppe sul Titanic, per stare seduti sotto gli idranti con
Rosario in mano. In un certo senso è come se questi ometti avessero accusato ogni uomo normale
che porta il vestiario normale di queste civiltà, i pantaloni ,di essere tossici, di essere predatori.
Questi tizi sono liceali? Questi devono essere l’élite culturale? Questi malati da conformismo più
becero che non si spostano da Sanremo e hanno come apogeo culturale la Murgia. È un’
intollerabile buffonata che degli studenti liceo siano di una mediocrità talmente squallida da essersi
appiattiti sul conformismo di Sanremo, evidente apogeo culturale loro e degli insegnanti che li
hanno prodotti. Con quella frase hanno offeso tutti gli uomini. Con quella frase hanno offeso lo
stesso essere uomo. In un momento in cui lo scontro è totale, in cui vengono vietate le
manifestazioni, in cui viene eliminata persino la libertà elementare della proprietà del corpo questi
tizi si mettono in posa davanti cellulari con loro sottanelle. Sia chiaro: questo momento di gloria è il
massimo che riusciamo a ottenere delle loro vite e delle loro ancora più inutili virilità.
In questo momento continua la lapidazione le donne afghane, continua l’infibulazione in Africa e
l’unica civiltà che ha affermato la dignità della donna è dispersa in tragiche scempiaggini più o
meno suicidarie come la cancel culture e la guerra agli stereotipi. Scopriamo che studenti di liceo, i
miei complimenti alla scuola italiana, non distinguono lo stereotipo dall’archetipo, e dalla
predisposizione biologica e dell’affiliazione al gruppo. Ogni gruppo ha diritto alla propria storia e ai
propri costumi. Il gruppo cui apparteniamo noi tollerava con lodevole indifferenza le deviazioni dai
codici, e questo era bello, ora la violazione degli stereotipi è imposta con denaro pubblico da
Sanremo ai Pride, sempre pagati anzi strapagati con denaro pubblico. Questo è orrendo, perché vuol
dire prendere a calci un popolo, la sua storia e la sua cultura. Altre culture le puniscono con il
discredito sociale o la lapidazione. In queste culture la violazione degli stereotipi è un gesto di
coraggio. Nella nostra è una maniera spettacolare per fare carriera. Per questo i ragazzoni con la
sottana che sono un po’ squallidini.