La terra dei liberi sia la terra dei vivi.
La Repubblica di San Marino si è orgogliosamente data il nome di Terra dei Liberi. In questa terra fiera delle sue libertà che celebra le sue tradizioni con antichi costumi il prossimo 26 settembre si svolgerà un referendum fondamentale, su una nuova libertà, quella celebrata come diritto fondamentale dalla Comunità Europea: il diritto di abortire. Ci hanno spiegato che i diritti sono come un raggio di sole, se qualcuno non vuole abbronzarsi non leva nulla a chi non desidera farlo. La libertà di chi non vuole abortire sarà salva e tutti saranno felici.
Riporto il quesito referendario perché la legge è uno di quei campi dove ogni sillaba ha un’importanza fondamentale. :
“Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?”
Detto così non suona malissimo. Ora proviamo a rileggerlo fornito di spiegazioni dettagliate, le parentesi sono mie.
“Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione (quando i fasci spino talamocorticali sono già formati e il grumetto di cellule è perfettamente in grado di sentire il dolore mentre lo smembrano da vivo perché finisca in pezzi nel bidone dell’aspiratore. Questo succede mentre si trova nel luogo che dovrebbe essere per ogni creatura umana il più sicuro del mondo, il luogo di nove mesi di paradiso terrestre per volontà di colei che dovrebbe essere la sua custode e per opera di medici che accettano di smembrarlo. Il terrificante libro La mano di Dio, il viaggio dalla morte alla vita del medica abortista Bernard Nathanson racconta la mente dei medici abortisti, come si siano in uno stato di narcosi etica che spesso sprofonda nella depressione grave o nel sadismo. La volontà della donna nell’aborto è controbiologica, esattamente come è controbiologica la volontà di suicidio. L’aborto altro non è che un suicidio differito transgenerazionale, la madre invece di uccidere sé stessa uccide la sua progenie. La scelta è corticale, ma il cervello limbico e l’inconscio il bimbo lo vogliono esattamente come il cervello limbico e l’inconscio dei suicidi non vogliono morire. Quindi si tratta di una scelta che coinvolge due esseri, uno dei quali è contrario alla propria morte, l’altro la sceglie con solo metà della sua volontà. Chiunque racconti che una scelta antibiologica possa essere libera e totale sta mentendo), e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna (questa necessità è ovvia ed esiste già, a San Marino come altrove, questa dolorosa necessità è da sempre riconosciuta perché è evidente che nel momento in cui esiste il rischio per la madre a portare avanti la gravidanza questa viene interrotta, come si è sempre fatto. La presenza di questa frase nel quesito referendario è dubbia: forse vuole istillare il sospetto, anzi la certezza, che senza questa legge una donna non in grado di portare avanti la gravidanza senza morirne sarà lasciata a morire?) o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna (questa è la trappola mortale. Grazie alla possibilità di taglio cesareo, non esiste nessuna malformazione del feto che metta a rischio la salute fisica della madre. Quindi questa frase serve solo a sdoganare l’aborto eugenetico anche al nono mese, perché non c’è limite di età del feto. In Italia è stato sufficiente un labbro leporino o il sospetto di atresia dell’esofago, patologie entrambe curabili, perché sia scattata la condanna a morte. Questi due casi sono rimasti famosi perché i due feti sono stati abortiti oltre i cinque mesi, erano vitali, respiravano benissimo nonostante la prematurità; sono stati fatti morire di fame e di sete: hanno impiegato più di un giorno. A un mio amico tre ecografisti diversi hanno proposto l’aborto perché il suo bimbo era affetto da un piedino torto, modesta patologia ortopedica risolvibile.)
San Marino si è sempre distinto nel corso dei secoli per essere un luogo dove la libertà è considerata un bene assoluto da difendere e da garantire. Ed è nel solco di questa secolare tradizione che il legislatore penale ha confermato, nel 1974, la punibilità di chi provoca l’aborto, inserendolo tra i reati contro la persona, nello specifico nei reati contro la vita e l’incolumità personale, al pari dell’omicidio.
Questo passo compiuto dal legislatore è stato avanguardista, a tutela dei diritti primari come quello della vita, perché l’aborto, checché se ne dica, è un omicidio: l’uccisione di una persona, di un essere umano distinto dalla mamma, con un proprio DNA e corredo cromosomico, quindi biologicamente altro dal corpo della mamma. E che l’embrione non sia un grumo di cellule lo afferma ormai da anni la comunità scientifica e medica e lo vediamo oggi tutti noi con le ecografie.
Chi sostiene la vita ed è quindi ontologicamente contrario all’aborto, alla cultura della morte e dello scarto, spesso viene tacciato di essere un retrogrado, un oscurantista, uno che non tutela la libertà di scelta della donna.
Invece chi è contrario all’aborto, come di certo lo è stato il legislatore sammarinese, ha a cuore la vita dal suo concepimento al suo termine naturale, e al contempo ha a cuore il destino della mamma. Che, ai sensi dell’art. 42 del codice penale, non è punibile se l’aborto è effettuato per la necessità di salvare la sua vita.
Voler contrapporre il diritto alla vita di mamma e bimbo è di certo una visione strabica della realtà, che semina violenza e che soprattutto non tutela né la donna né tanto meno il soggetto più indifeso, che è il nascituro.
La Repubblica di San Marino peraltro è un modello a livello internazionale quanto alla tutela dei componenti della sua comunità più vulnerabili. Esistono un forte impegno pubblico ed una consolidata rete di associazioni di volontariato che lavorano quotidianamente e con successo per far sentire ogni componente della comunità parte integrante della stessa e membro degno di esserne parte a pieno titolo.
Ma in ballo vi è di più.
Assistere ad un aborto è un’esperienza straziante, si è di fronte ad un vero ed autentico massacro, dove il concepito lotta strenuamente sino alla fine contro il corpo estraneo che all’improvviso piomba in quel luogo sino a quel momento così ospitale e vitale, trasformandolo nel teatro dove si consumerà la sua morte, venendo risucchiato mentre il suo corpicino viene smembrato in tanti piccoli pezzi, molto spesso però ben riconoscibili, come manine e piedini. Questo è l’aborto! Senza considerare le ripercussioni psicologiche per le donne, che in moltissimi casi negli anni dovranno fare i conti con crisi depressive e stress post traumatico. Al riguardo ci sono fiumi di letteratura scientifica.
Al grido di “tuteliamo così la libertà di scelta delle donne in un paese dove ciò non avviene”, si introduce in verità un abominio liberticida, in quanto si uccide la vita.
Se c’è qualcosa di retrogrado, si permetta di dirlo, non è certamente la legislazione sammarinese, ma semmai proprio il quesito referendario che vorrebbe vincolare spingere il legislatore sammarinese ad applicare gli stessi criteri sull’aborto di una legge italiana del 1978, senza considerare le evidenze scientifiche degli ultimi 40 anni e gli effetti deleteri che questa legge ha generato senza peraltro raggiungere gli obiettivi attesi, tant’è che tanti paesi abortisti della prim’ora stanno ora tornando via via a normative più equilibrate. Si pensi a quanto avvenuto qualche giorno fa in Texas dove è stata approvata una legge che vieta le interruzioni volontarie di gravidanza oltre le sei settimane di gestazione.
Ma ancor peggio, il quesito referendario e i progetti di legge proposti dal fronte abortista e pendenti nel Parlamento sammarinese vanno molto al di là della legislazione italiana, prevedendosi l’aborto sino al nono mese, la possibilità per le sedicenni (ed in alcuni casi anche per le infrasedicenni) di abortire senza il consenso di alcun adulto né del Giudice e la forte compromissione dell’obiezione di coscienza per il personale sanitario.
Con il referendum proposto dall’UDS (Unione Donne Sammarinesi), a San Marino verrebbe introdotto l’aborto tout court sino al nono mese, mutando così l’antica terra della libertà in terra di “turismo abortivo”. Davvero i Sammarinesi vogliono questo orrore?
Sarà importante che i cittadini vadano a votare e votino NO a questo referendum; un NO che salverà le vite di donne e bambini e che consentirà a San Marino di rimanere un autentico luogo di libertà, in cui ogni membro della comunità ha la certezza di essere tutelato sempre, anche se indifeso e vulnerabile.