Speranza e il suo ricorso.
Il ministro che dovrebbe essere della Salute, Speranza Roberto, e l’Agenzia italiana del farmaco, con un ulteriore dimostrazione di dubbia equità, hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato contro l’ordinanza con la quale il Tar del Lazio, il 4 marzo scorso, aveva finalmente restituito ai medici il diritto (o forse il dovere?) di fare i medici, e soprattutto il diritto ai pazienti di essere curati. I pazienti sono cittadini di uno stato (ex) democratico che ha già nei suoi tempi migliori, ormai tramontati, ha violato le regole di libertà personale con una tassazione eccessiva. Una delle libertà personali è godere del proprio denaro e amministrarlo secondo la propria volontà. Lo stato Italiano sottrae ai cittadini cifre spropositate, in cambio dà una pensione che forse non si prenderà mai e di cure sanitare “gratis”: Gratis un accidente, sono state già pagate con prelievi fiscali folli. In questa maniera però il cittadino ha sempre l’impressione che gli stiano facendo un favore, ma, soprattutto, i medici di famiglia sono proprietà dello Stato, o, se definirli così vi sembra un po’ forte, possiamo serenamente descrivere le come impiegati statali, impiegati che, come ogni impiegato il mondo, seguono le istruzioni di chi paga il loro stipendio. Lo spiego in parole molto povere. Sarà squallido, ma inevitabile, che ogni professionista tende a fare l’interesse di colui che lo paga. Ho abitato quattro anni in Svizzera. A fronte di una tassazione enormemente inferiore a quella italiana, non avevamo il diritto alla sanità gratuita. In cambio non eravamo stati spolpati, dato che i soldi li avevano lasciati in mano a noi, perché la Svizzera dà per scontato che i suoi cittadini siano maggiorenni, non minorati mentali cui bisogna sottrarre il denaro per pagare assicurazione malattie, perché da soli non sono capaci. Mi fermo anche a considerare che in Italia io non posso rifiutare il Sistema Sanitario Nazionale, non posso non pagare le tasse, perché altrimenti mi arrivano a casa i finanzieri, che sono uomini armati. Il denaro per pagare quindi un carrozzone indecente che ha lasciato la gente a casa a morire con tachipirina e vigile attesa (mi assumo la responsabilità di ogni singola sillaba di questa affermazione) mi è stato sottratto con la forza. Torniamo alla Svizzera. Quando avevo bisogno del pediatra per mio figlio andavo dal pediatra che avevo scelto io e che mi piaceva perché era capace, cortese, e si era anche preso il disturbo di avere una sala d’aspetto divertente e colorata, e lo pagavo con i soldi miei. Lui faceva una ricevuta con la quale ottenevo il rimborso dell’assicurazione. Ero io che pagavo il medico. Era chiaro al medico che doveva fare il mio interesse, nel caso quello del mio bambino.
I medici italiani sono impiegati statali pagati dallo Stato. Fanno l’interesse dello Stato, altrimenti si trovano senza stipendio e corrono anche il rischio di trovarsi espulsi dai sempre più problematici Ordini dei Medici, carrozzoni burocratici e politicizzati che in tutta la cosiddetta pandemia sono riusciti a dare il peggio di sé, rinnegando completamente i due scopi per cui sono nati: proteggere i pazienti e proteggere i veri medici che curano i pazienti. Hanno rinnegato le più elementari norme che tutelano la libertà: la libertà di cura, e la banale libertà di non volere che nel proprio corpo venga iniettata una medicina che non si vuole. Vorrei approfittare di questa tribuna per manifestare la mia totale disistima agli Ordini dei Medici e chiedo a tutti medici che, come me, se lo possono permettere, quelli che non devono mantenere una famiglia, quelli che hanno altri introiti, di uscire degli ordini medici. Dobbiamo fare sciopero. Non continuiamo a finanziare questi carrozzoni.
Il Tar del Lazio aveva affermato il diritto dei medici per i pazienti positivi al coronavirus di «prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza» senza necessariamente attenersi ai protocolli Aifa che prevedono che le cure domiciliari si basino sulla somministrazione di paracetamolo e vigile attesa. Il Senato, in modo quasi unanime (212 a favore, 2 astenuti, 2 contrari), ha chiesto al governo di approvare un protocollo unico nazionale per regolamentare e ampliare le cure domiciliari contro il Covid-19, grazie anche a audizioni parlamentari di medici, al quotidiano la Verità e a poche ma incisive trasmissioni televisive ( Fuori dal coro, Diritto e rovescio) che hanno affrontato il problema.
Il ricorso al Tar era stato presentato dal Comitato Cure Domiciliari Covid-19, valorosa l’associazione di medici, che come altre associazioni, per esempio Ippocrate, e innumerevoli medici sfusi ( Amici, Gulisano, Citro, De Mari eccetera), curano i pazienti guarendoli a casa senza intasare gli ospedali, con farmaci di poco costo. Il comitato ha affermato in una nota che si tratta di un ricorso che «lascia senza parole», e sottolinea come il ricorso neghi la base della medicina : « la libertà dei medici di fare riferimento alla propria esperienza e formazione per curare i pazienti in scienza e coscienza, con libertà prescrittiva dei farmaci ritenuti più efficaci e la necessità di agire tempestivamente, ovvero entro le prime 72 ore» il protocollo Aifa è basato su somministrazione di un pessimo antipiretico privo di attività antinfiammatoria che deprime il glutatione , il Paracetamolo, e della cosiddetta vigile attesa, che vuoi dire non dare cure fino a quando la misurazione dell’ossigeno mediante un apparecchietto che si mette sul dito (pulsometro), non ne segnala un abbassamento nel sangue, vale a dire fino a quando non c’è un danno polmonare sorvolando sul particolare che solo una piccola parte delle persone che ha tosse e febbre ha il coronavirus, la maggioranza ha una polmonite batterica, quindi l’idea di non somministrare antibiotico fino a quando non c’è un abbassamento dell’ossigeno, cioè un danno polmonare, è assolutamente sbagliata. Il Comitato ha chiesto al ministro Speranza di fornire al più presto delucidazioni in merito al ricorso, ricordando che ormai sono innumerevoli le persone in Italia e all’estero curate con quello che in Italia è chiamato il protocollo del professor Cavanna, con spettacolari risultati.
I ministro della salute, dizione ogni giorno sempre più orwelliana, non si è preso il disturbo di rispondere all’associazione dei medici di Medicina Domiciliare, un gruppo di medici che curano gratuitamente i pazienti a casa con ottimi risultati, non deve essergli sembrato un interlocutore degno della sua attenzione. Ci chiediamo quali accidenti siano gli interlocutori degli della sua attenzione, e dell’attenzione dei circuiti televisivi anche. Il dottor Gulisano, uno dei medici che guariscono il covid a casa avrebbe dovuto essere presente da Floris su La 7 martedì 20, dato che il ricorso approvato dal Tar sta spingendo tutti verso l’idea di curare a casa. La troupe per riprenderlo era già a casa sua, quando tutto è stato annullato. Qualche malelingua ha ipotizzato che forse già serpeggiava la notizia che il ricorso dell’Orwelliano ministro della Salute sarebbe stato accettato, come in effetti è successo due giorni dopo. È un’affermazione grave che lascia ombre sull’imparzialità degli organi decisionali della nazione e che noi ricusiamo assolutamente. La riportiamo per puro dovere di cronaca.
Mentre ci domandano dove trovare i dati che ci spieghino quanti morti hanno avuto Svizzera e Austria per la loro temeraria imprudenza di lasciare aperti gli impienti di risalita, siamo di nyuovo immersi in tachipirina e vigile attesa.
Ma noi non molliamo. Noi continueremo la nostra battaglia. Noi che abbiamo curato continueremo curare. Noi siamo medici e continueremo essere medici. Ippocrateorg, terapia dominciliare, Amici, Citro, Gulisano, io e innumerevoli altri continuiamo a curare. E ad aspettare il momento in cui Ippocrate tornerà a essere Ippocrate. Che i medici tornino a curare. Che gli ordini dei medici tornino a proteggere il diritto dei medici di curare e il diritto dei pazienti a essere curati. Che i ministri della salute tornino a proteggerla.
Nel suo ridicolo libro Come guaruremo, c’è l’affermazione che la “pandemia” è una magnifica occasione per attuare i “valori del socialismo”: più miseria per tutti e tutti di proprietà dello stato, ma non c’è solo questo.
I cosiddetti vaccini covid sono tutti terapie sperimentali. possono essere somministrati solo se non esistono cure alternative.
Due più due fa …? Quattro!