Indagine su Sherlock Holmes
Ho sempre avuto un’antipatia feroce per Sherlock Holmes. Sono stata costretta a leggerlo da un’insopportabile e arcigna insegnante di inglese in un ossuto riassunto che aveva sacrificato ogni grazia, questo non ha migliorato la mia disposizione. Ho passato ogni pagina a sperare che l’insopportabile personaggio inciampasse, che gli si rovesciasse il tea addosso, che la sua pipa desse fuoco alla casa. Da allora ho sempre evitato l’investigatore e anche con l’inglese sono rimasta piuttosto scarsa. Amo però molto i saggi di Paolo Gulisano e , quindi, solo perché lo ha scritto lui, ho letto Indagine su Sherlock Holmes, uscito con la casa editrice Ares nel settembre 2020.
Pochi personaggi hanno il privilegio di essere riconoscibili da un breve tratto di penna: il disegno del deerstalker, il celebre cappello da cacciatore e la pipa ricurva sono sufficienti per identificare il più grande investigatore di tutti i tempi: Sherlock Holmes. Nato più di centotrent’anni fa dalla penna di Arthur Conan Doyle, continua ad esercitare un grande interesse presso i lettori di tutto il mondo. Se dell’investigatore sappiamo tutto o quasi, molto meno conosciamo del suo autore. Il saggio di Paolo Gulisano, non a caso anch’egli medico, come Conan Doyle, racconta in modo magistrale, con molti dettagli e aneddoti l’ambiente in cui sono vissuti l’Autore ed il suo personaggio, gli avvenimenti e le frequentazioni con famosi uomini dell’epoca che hanno contribuito alla sua creazione. Arthur Conan Doyle nacque in Scozia il 22 maggio 1859, il nonno, pittore, si trasferì a Londra dove, il padre, privo di senso artistico, ottenne un impiego pubblico. Sposò Mary, una ragazza irlandese da cui ebbe dieci figli, Arthur era il secondogenito. Benchè di condizioni modeste, Doyle intraprese gli studi di Medicina, sostenuto dalla madre, a cui era molto legato, mentre riteneva il padre, depresso e alcolizzato, responsabile dell’infelicità della donna. Non a caso, quando Sherlock Holmes assume la falsa identità di un traditore che vende i segreti bellici al nemico, dice di chiamarsi Altamont, il secondo nome del padre di Conan Doyle. Doyle fu uno studente modello, si laureò in corso, impaziente di iniziare ad esercitare la professione medica. Ebbe tra i suoi professori Joseph Bell che esortava i suoi studenti ad un’attenta osservazione del caso in esame e i cui metodi, antesignani della moderna criminologia, potrebbero aver influenzato la nascita del personaggio di Sherlock Holmes.
La Gran Bretagna di Conan Doyle è quella dell’Età vittoriana in cui si affacciano le teorie di Thomas Robert Malthus che indica il controllo delle nascite come rimedio alla povertà. Nello stesso anno della nascita di Conan Doyle, Charles Darwin pubblicò L’origine della specie, teoria dell’evoluzionismo per selezione naturale. L’Ottocento è il secolo dello sviluppo industriale, del trasferimento di milioni di lavoratori dalle campagne alle fabbriche delle città. Fonte di ricchezza per l’Inghilterra, ma anche di forti ingiustizie sociali che contrastano con la visione ottimistica della tecnologia in grado di risolvere tutti i problemi dell’uomo.
Le condizioni in cui vivevano operai e minatori erano inimmaginabili, le condizioni in cui vivevano e morivano di rachitismo e tubercolosi i bambini minatori e operai erano inimmaginabili.
I successi di Arthur Conan Doyle come studente non ebbero lo stesso riflesso nella professione: in attesa di pazienti nello studio vuoto, inventò un racconto i cui protagonisti erano un investigatore ed il suo aiutante medico. Uno studio in rosso venne pubblicato nel novembre del 1887. Pochi mesi dopo nell’ East End avvennero i delitti di Jack lo squartatore. L’editore americano Joseph Marshall Stoddard, in visita a Londra, chiese ai due scrittori che considerava più promettenti, Arthur Conan Doyle e Oscar Wilde, di scrivere un racconto che contenesse il mistero, il giallo e almeno un delitto: nacquero così due pietre miliari della narrativa: Il segno dei quattro, che consacra definitivamente Conan Doyle scrittore e Il ritratto di Dorian Gray in cui Oscar Wilde affronta il tema narcisismo e del terrore che un narciso prova davanti alla realtà dell’invecchiare, ma anche a quella del vivere.
Dopo il grande successo de Il segno dei quattro le avventure di Sherlock Holmes trovarono sempre più il favore del pubblico e dei critici. Il successo aveva cambiato la vita del suo Autore: a poco più di trent’anni era diventato ricco e voleva realizzare il suo sogno di scrivere un romanzo storico. Nel 1983 decide di liberarsi del personaggio da cui si sente oppresso e scrive il racconto Il problema finale in cui Sherlock Holmes muore. Il pubblico reagì malissimo e lo scrittore ne La casa vuota del 1894 lo riportò in vita, cedendo alle pressione dei lettori. Nel 1891 era uscito il romanzo La Compagnia Bianca, ambientato durante la guerra dei cent’anni. Il romanzo, benché apprezzato dalla critica, non ebbe il successo che Doyle si aspettava malgrado ciò lo considerò sempre la sua opera più importante.
Morì il 7 luglio 1930 per un attacco cardiaco. La popolarità del personaggio da lui inventato era andata oltre la sua immaginazione. Film liberamente ispirati all’investigatore e serie televisive di successo sono la dimostrazione della grande attualità dei temi affrontati da Holmes-Doyle perché, come ci ricorda Paolo Gulisano, “ l’uomo è fatto per scoprire la verità”.
Dopo aver letto il saggio, sono andata a cercarmi Uno studio in rosso. Sono arrivata a metà. Holmes è francamente insopportabile. La sua teoria che non bisogna sovraccaricare il cervello con conoscenze non immediatamente indispensabili è una desolazione. Il libro però è bellissimo. E un uomo che cerca la verità resta un uomo che cerca la verità. Se non conosce nulla di filosofia e letteratura, se non conosce l’arte, non distingue il bello dall’orrendo, Holmes non ne sa niente come non sa niente di astronomia, continuerà a non sapere come gira l’universo e perché, ma si batterà per le piccole verità senza le quali, però, si perderebbe la giustizia.