Rapimenti cooperanti e volontarie
Un mio carissimo amico lavora in un’associazione che, senza contributi statali, con denaro raccolto
in collette fatte tra conoscenti e vicini di casa, ha mandato aiuti in Siria. Alla fine non è più stato
possibile inviare gli aiuti Siria: ha dovuto portarli lui di persona. Prima di partire per Aleppo ha
firmato un testamento dove dichiarava che la sua volontà era che, in caso di suo rapimento, nessun
riscatto fosse pagato, qualsiasi cosa lui avesse potuto dire in un video. Perché si fa così. Se ami una
nazione, e quest’uomo ama profondamente la Siria, ha dedicato un’enorme parte della sua vita alla
Siria, non rischi di destabilizzarla, non rischi di buttare benzina nell’incendio. Per tutto il viaggio e
per tutta la permanenza si è finto francese. Il rapimento ormai è il bancomat del terrorismo
internazionale, mentre non lo è stato del terrorismo nazionale e dell’anonima sequestri. Non si è
trattato per Moro e una famiglia che avesse cercato di pagare il riscatto per il figlio adolescente o
bambino sequestrato in Sardegna si sarebbe trovata inquisita per concorso in sequestro di persona.
Paradigmatico è il rapimento di Silvia Romano. Il primo viaggio in Kenya, con visto turistico,
Silvia Romano l’ha fatto per raggiungere Davide Ciarrapica, trentunenne italiano che gestisce un
orfanotrofio, ma il termine corretto è struttura con bambini di cui alcuni orfani, a
Likoni
. Ciarrapica
è salito alle cronache per una rissa all’interno della discoteca
The Wall
di Milano, durante la quale
staccò un orecchio a morsi a un altro utente della discoteca. Le fotografie dell’orfanotrofio sono
quantomeno bizzarre. In tutte si vede Davide Ciarrapica con bambini in braccio, in canottiera o a
torso nudo, che mostra sorrisi smaglianti sotto la sua capigliatura bicolore, biondo cenere e nero.
L’orfanotrofio è un luogo di dolore che accoglie bambini feriti. La prima regola di orfanotrofio è il
dovere di accogliere il dolore, dolore che è espresso nella lingua locale. Un orfanotrofio non è un
Kinder garden di un villaggio vacanze. Un orfanotrofio affidato a uno straniero, che in nessun caso
può aver appreso la lingua locale in maniera da capire le sfumature di cosa sta farfugliando un
bambino di quattro anni, ci lascia perplessi. Un orfanotrofio affidato a una persona talmente
irascibile d’aver staccato un orecchio a morsi, di nuovo ci lascia perplessi.
Da questo primo orfanotrofio Silvia Romano si sposterà presso un’altra struttura, in un altro ounto
del Kenia. Questa struttura è della Onlus
Africa Milele, e qui avverrà il suo rapimento.
Una volta rapita da i terroristi di
Al Shabaab Silvia romano si è convertita all’Islam. Si è convertita
grazie alla possibilità di leggere il Corano. Per la cronaca, se qualcuno si fosse distratto, si tratta
degli stessi gentiluomini che hanno rapito assassinato nel 2003 suor Annalena Tonelli, che hanno
assassinato 150 studenti cristiani a Garissa in Kenya, che hanno ridotto la Somalia a una nazione di
miseria e di terrore
:
“Parte del riscatto di
Silvia Romano
finanzierà la jihad”, ha annunciato il
portavoce del gruppo terroristico che ha rapito la cooperante, e non si sa di cosa stia parlando,
perché il nostro straordinario ministro degli esteri, di Maio, ha affermato che nessuno riscatto è
stato pagato. La signora Romano tornata a casa accuratamente paludata in panni color verde ha
scatenato l’entusiasmo di tutti i siti islamici che hanno scritto nero su bianco che giusto rapire le
donne non musulmane, così diventano musulmane e trovano la vera strada che porta a Dio. La
signora Romano ha entusiasticamente dichiarato che il velo è libertà.
La signora Romano spiega che
il continuo mostrare le proprie forme tipico di molte donne del mondo occidentale, è una forma di
schiavitù. Sono entusiasticamente d’accordo con lei, ma mostrare le proprie forme nel mondo
occidentale non è obbligatorio, mentre il velo nel mondo islamico è sempre più obbligatorio, in
molte nazioni è o il velo o la morte, oppure il viso sfigurato dall’acido.
Bisognerebbe spiegarlo alle assassinate che il velo è libertà. Bisognerebbe spiegarlo alle ragazzine
con il volto sfigurato per sempre.
Il mondo è un luogo complesso difficile, e le buone intenzioni non bastano.
E guardiamo le foto di una tredicenne col volto distrutto, di una chiesa distrutta, con i cadaveri
carbonizzati tra i banchi. Nessuno si esponga al rischio di smuovere il denaro che ha comprato
quell’acido e quell’esplosivo. La prima legge è Non nuocere.