La libertà di parola è sotto attacco
Piccola storia italiana.
Un mesa fa da Angela Ciconte è stata prenotata per il 21/12/2018 dalle ore 20.30 alle ore 23.00 la sala convegni della GAM ( Galleria di Arte Moderna) di Torino per ospitare un convegno dal titolo “La verità vi farà liberi”, relatori Avvocato Gianfranco Amato – Giuristi per la Vita, e io, Silvana De Mari. La Sala era disponibile ed è stata prenotata on line, per un costo totale di € 457,50, che sono stati regolarmente saldati. Anche La Verità ha dato notizia del convegno, pubblicandone la locandina ieri.
Il 19 12, due giorni prima del convegno è arrivata la mail dell’Avvocato della Fondazione Torino Musei:
Gentile …
abbiamo appreso che in data 21 dicembre 2018 è stata prenotata la sala conferenze di Corso Galileo Ferraris 30 a Voi data in gestione con Contratto del 1° gennaio 2016 per tenervi un evento che vede protagonisti Gianfranco Amato e Silvana De Mari ed avente ad oggetto “La verità rende liberi”.
Abbiamo preso atto dell’argomento trattato e, anche alla luce delle molte polemiche già in passato emerse nei confronti dell’istituzione museale per aver ospitato convegni su temi sensibili, non riteniamo opportuno lo svolgimento del convegno, che, indipendentemente dal tema trattato, qualora svolto, rischia di creare problemi di sicurezza e apportare danni di immagine alla GAM.
Vi chiediamo pertanto di non procedere alla conferma dello stesso.
Grazie. Cordiali saluti.
Cristina Mossino
L’avvocato Gianfranco Amato ed io abbiamo quindi scoperto di essere un danno di immagine. In una nazione dove mai una sala conferenze è stata negata a ex brigatisti, aspiranti terroristi, cortesi iman che teorizzavano il burka per le signore e la morte per lo stato di Israele, in una nazione che va ad ascoltare come un re pieno di spiritualità e bontà tale professor Singer che teorizza l’aborto post natale, quello che noi bifolchi chiamiamo infanticidio, noi siamo un tema sensibile e un danno di immagine.
La libertà di parola non è mai un danno di immagine. Concedere la parola agli imputati, e io sono un imputato condannato, non è mai un danno di immagine, altrimenti abbiamo dimostrato che in questa nazione esiste una dittatura ideologica. Buffo sono stata condannata proprio per aver detto qualcosa del genere.. Dove la libertà di parola di conferenza non sia data agli imputati e agli imputati condannati, allora vuol dire che la libertà di parola è saltata, e che quegli imputati forse avevano da dire cose che è meglio non siano dette.
Io avrei detto che la cosiddetta omosessualità non è genetica, ma è un comportamento che può essere disappreso, come dimostrano gli ex gay che sono molto più numerosi dai gay. Io avrei detto che questo comportamento rinuncia alla scoperta del diverso, il corpo e la mente dell’altro sesso, confronto senza il quale noi stabiliamo con difficoltà la nostra identità, che rinuncia soprattutto alla potenzialità riproduttiva, quindi è biologicamente inutile. Io avrei detto che quando, in campo maschile, si usa a scopo ricreativo l’ultima porzione del tubo digerente, si ha un rapporto disfunzionale, perché causa malattie proctologiche anche gravi e gravissime, moltiplica per più di 20 il rischio di malattie sessualmente trasmissibili, anche gravi, gravissime e potenzialmente mortali, che includono anche il cancro dell’ano, il cui rischio è moltiplicato per 15 nei maschi cosiddetti omosessuali. Io avrei detto che i gay sono il 2% della popolazione, ma sono il 50% dei nuovi casi di aids l’80% dei nuovi casi di sifilide e tenendo presente che la sifilide sta diventato resistente agli antibiotici, la notizia non può essere censurata. Sono cose che non possono essere dette perché farebbe saltare in effetti tutto il vittimismo, tutto il “non mi accetti per come sono”. Accetto te, non accetto quello che fai. Anzi se ti amo e ritengo che tu faccia qualcosa di sbagliato, e sono certa che tu abbia la potenzialità di smettere di farlo, è mio dovere non accettare quello che fai.
Avrei mostrato le statistiche che affermano la diffusione delle malattie orofecali tra i maschi cosiddetti omosessuali e avrei riaffermato la necessità di lavarsi le mani con l’amuchina quando si tocca materiale fecale, soprattutto se non è proprio e se è i quantità superiore ai 5 grammi: perché la carica virale e batterica può essere sufficiente a scatenare patologie, patologie sempre più diffuse.
Avrei detto che nessuna scienza ha mai dichiarato che il comportamento di usare, e di farlo sistematicamente l’ultimo tratto del tubo digerente a scopo ricreativo sia sano e normale e che una scienza del genere non esiste. Chi afferma che “la scienza ha detto questo”, non ha la più pallida idea di cosa sia la scienza, cosa sia il discorso scientifico, da Galileo a Popper.
Io avrei detto che il denaro pubblico va al circolo Mario Mieli, intitolato a Mario Mieli, che in spettacoli pubblici mangiava gli escrementi suoi e del suo cane, e che ha dichiarato in un libro, Elementi di critica omosessuale, Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino l’essere umano potenzialmente libero. Noi, si, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro”. (I, 8; p. 55). La prima parte della frase denuncia una profonda attrazione erotica per i minori, che con un termine derivato dal greco si chiama pedofilia, l’ultima parte della frase è apologia di abuso su minore ed è un reato. Avrei aggiunto che Mario Mieli aveva disperatamente bisogno di aiuto, i suoi comportamenti erano richieste di aiuto.
Avrei mostrato le fotografie scattate ai Pride, l’uomo nudo con una bandiera arcobaleno infilata nella cavità anorettale, (un’altra inconscia richiesta di aiuto) foto di uomini nudi o seminudi che simulano fellatio e sodomia in strade pubbliche davanti a bambini, e spiegato come questo sia sbagliato, non solo perché offende la orale pubblica che in una nazione decente avrebbe il diritto a non essere offesa, a perché riduce la cosiddetta omosessualità maschile che ha una sua drammaticità e tragicità, a una folkloristica e infantile parata del brutto, a una autoprofanazione. Avrei mostrato miriadi di foto di Pride con parodie di Cristo e della Madonna e avrei spiegato che sono calpestati i sentimenti religiosi della parte della popolazione italiana ancora credente e soprattutto calpestano con gli scarponi chiodati il cuore delle minoranze cristiane, copti, cristiani pachistani, cristiani nigeriani, che hanno lasciato chiese in fiamme e tombe per venire a vedere la religione che loro pagano con la vita derisa con la benedizione e la presenza di sindaci, sindacalisti e personaggi politici. Nei paesi decenti il sentimento religioso non può essere offesi. Dove se ne permette e se ne incoraggia l’offesa, il paese ha smesso di essere un paese decente.
Quello che avrei detto è contenuto nel libro Non facciamoci imbavagliare: in copertina ci sono io con un bavagli arcobaleno, un’immagine dannatamente azzeccata.
Se da un lato questo episodio mi ha addolorato, dall’altro devo dire che ho avuto un sussulto di orgoglio. Lo so, non si dovrebbe, è un peccato capitale, ma come dimenticare che l’unica persona in Italia cui sia stato negato il diritto di parola è Sua Santità Benedetto XVI, cui fu impedito di parlare all’Università chiamata La Sapienza, non un nome sempre più improprio.
In un mondo di parole insulse o false, chi ha qualcosa da dire e la capacità di dimostrarlo, porta un danno di immagine. Come non esserne fieri?